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In Siria la tregua sta finendo e i nuovi negoziati si avvicinano

Nella notte tra mercoledì e giovedì, lo Stato islamico ha lanciato un attacco di rappresaglia nelle aree del rif sud est di Damasco: cinque auto imbottite di esplosivo sono state lanciate contro le postazioni dei soldati siriani che presidiano l’aeroporto militare Dumeir. Una risposta alla perdita di terreno che l’IS sta subendo sia al nord, nell’area di Aleppo, che al sud, nell’area di Daraa, dove i ribelli hanno lanciato un’offensiva contro gruppi legati al Califfato. A combattere i baghdadisti sono coalizioni eterogenee, che vanno dai lealisti (siriani, Hezbollah, iraniani, coperti dai caccia russi) ai ribelli moderati e non (Jabhat al Nusra, Arhar al Sham).

LA TREGUA ROTTA

In Siria è in piedi una cessate il fuoco temporaneo che sta reggendo dal 27 febbraio, anche se le parti (regime e ribelli) si accusano di violazioni continuamente: la sensazione è che questa pseudo-stabilità stia venendo meno, e non per gli scontri con l’Is, contro cui non era prevista tregua, ma per le battaglie ingaggiate dai governativi con il Fronte al Nusra. La fazione qaedista era anch’essa esonerata dalla simil-pace siriana, perché considerata da tutte le parti fazione terroristica, tanto che gli Stati Uniti hanno approfittato per colpirla alla testa, uccidendo il portavoce e leader storico del gruppo Firas al Suri. Il fatto è che al Nusra al nord come al sud combatte fianco a fianco con molte formazioni ribelli, e dunque è difficoltoso distinguere esattamente i combattenti qaedisti da quelli dei ribelli moderati; in questa difficoltà tre giorni fa l’Independent ci è scivolato, definendo al Suri, jihadista da almeno 36 anni (nel 1980 rispose alla chiamata del jihad afghano) “un leader moderato”.

LA LOTTA PER EL EIS

Da mercoledì notte è iniziato un feroce combattimento attorno alla città di El Eis, 20 chilometri a sudovest di Aleppo, tra Nusra e ribelli alleati da un lato, e forze siriane (ossia esercito regolare e Hezbollah e milizie sciite) dall’altro. El Eis è un punto strategico, perché si trova in un’area collinare che si affaccia sull’autostrada che collega Aleppo a Damasco, difesa da siriani e sponsor stranieri. I ribelli e le forze di Nusra venerdì scorso avevano lanciato un attacco sorprendendo i governativi, che dopo qualche giorno si sono organizzati per la controffensiva. Martedì sono circolate le immagini di un caccia Su-22 siriano abbattuto dai ribelli nell’area (il pilota dopo l’eiezione dal velivolo è stato fatto prigioniero; le immagini sono state messe in rete). La notizia è importante perché si tratta del secondo velivolo dell’aviazione siriana abbattuto in meno di un mese; l’altro ad Hama, il 12 marzo. Una questione che ha riacceso le speculazioni sull’invio di Manpads terra-aria alle opposizioni (ci sono concrete prove circostanziali), aspetto su cui gli Stati Uniti hanno frenato per anni, ma qualcuno (sauditi, turchi, altri paesi del Golfo?) potrebbe averci pensato in proprio.

SOSTEGNO AD ASSAD

Segnali sulla ripresa della guerra, arrivano anche dal nuovo sostegno fornito ad Assad da alcuni dei suoi alleati. A cominciare dagli Hezbollah, di cui Stratfor ha tracciato attraverso immagini via satellite l’arrivo di rinforzi in Siria. Il partito/milizia libanese è attualmente il più combattivo sostenitore del regime siriano, per intercessione iraniana. Tuttavia anche Teheran si sta stringendo intorno al rais: tre giorni è uscita la notizia dell’invio di un nuovo contingente iraniano, la 65° Brigata Nohed, forze speciali aviotrasportate che avranno il compito di assistere da vicini l’esercito siriano ad Aleppo; non è chiaro se saranno solo advisor o avranno ruolo “combat”.

TOGLIERE IL SOSTEGNO AD ASSAD

Altro aspetto di destabilizzazione di quella che era una tregua che non poteva durare per sempre: all’inizio della settimana è stato pubblicato uno scoop congiunto tra Welt, Figaro e Repubblica. I tre giornali sono venuti in possesso di un documento in 35 punti redatto da rappresentati della comunità alawita, ossia la setta sciita da cui proviene la famiglia Assad. Gli alawiti stanno da diversi anni pagando un prezzo altissimo nella guerra civile che insanguina la Siria: i giovani, arruolati forzatamente, o per fiducia nel regime, o nel tentativo di trovare nel rais protezione dall’isolamento elitario in cui il regime stesso li aveva confinati, sono stati protagonisti già di diserzioni e fughe dalla Siria, dove l’alternativa era finire al fronte, martoriati dai ribelli o dall’Isis (vista l’impreparazione generale dell’esercito siriano). “Adesso una parte dei tre milioni di alawiti chiede un nuovo corso a Damasco, che determini il cambiamento nel vertice e permetta di iniziare un cammino di pacificazione, attraverso la costruzione di uno Stato laico e democratico”, scrive Repubblica. Il documento è la conferma di quanto trapela da tempo: l’élite di potere che ha da sempre sostenuto il regime sta mollando, teme che Assad sia debole (o lo sia tornato dopo il ridimensionamento dell’impegno russo), è contraria all’ideologizzazione spinta dagli iraniani.

TRATTARE CON MOSCA

Si riaprirà tra pochi giorni il nuovo round di talks promossi (da anni) dalle Nazioni Unite per trovare una soluzione politica e negoziata alla guerra siriana. Sarà il primo round con la Russia formalmente più leggera sul campo di battaglia (anche se le immagini di advisor russi sono state pubblicate in questi giorni, visti sui tetti dei villaggi a sud di Aleppo e sui cieli di Idlib si sono rivisti gli aerei spia russi IL-20M). La rimodulazione al ribasso dall’impegno siriano è una strategia che secondo il Cremlino permetterà a Mosca di avere più libertà al tavolo di trattative, ossia non avrà il peso di mantenere Assad. Sui nuovi incontri forse peserà invece il risultato di un mega report pubblicato dall’Atlantic Council: “Abbiamo usato il potere della digital forensics per esporre i dettagli di attacchi aerei e di terra della Russia in Siria, utilizzando le informazioni interamente da fonti aperte, disponibili per essere visualizzati e verificati da chiunque” scrivono i ricercatori del think tank di Washington. La conclusione dello studio è chiara: “La Russia ha lanciato attacchi aerei su ospedali, impianti di depurazione, e moschee. La Russia ha usato bombe a grappolo. La Russia ha quasi esclusivamente mirato obiettivi non-Isis. Queste sono le verità che la Russia non ammetterà, e le verità che devono essere comprese nei negoziati con la Russia come un partner potenziale”.

(Foto: Twitter, lo “skyline” di El Eis)

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