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Cosa si dice in Vaticano del viaggio di Bernie Sanders a Roma

Bernie Sanders non incontrerà il Papa, il prossimo 15 aprile, a margine del convegno commemorativo dell’enciclica Centesimus annus di Giovanni Paolo II. Il Vaticano l’aveva chiarito subito, fin da quando il competitor di Hillary Clinton nella corsa per conquistare la nomination democratica verso la Casa Bianca aveva manifestato l’intenzione di presentarsi al cospetto del Pontefice. Padre Federico Lombardi aveva precisato che il senatore del Vermont era “stato invitato non dal Papa ma dalla Pontificia Accademia delle Scienze Sociali”, e che al convegno erano “state invitate anche altre personalità del mondo politico, sociale ed economico”. Oltretevere non vogliono farsi strumentalizzare in vista delle attese primarie che il 19 aprile porteranno alle urne gli elettori dello Stato di New York, dove Sanders tenta di recuperare il divario che i sondaggi gli attribuiscono dalla Clinton.

IL TEMA DEL SIMPOSIO

Nella locandina dell’evento si specifica che “sulla base dell’attenta valutazione del mondo intrapresa da Giovanni Paolo II, questo simposio proporrà la seguente domanda: quali sono stati i principali cambiamenti nella vita economica, politica e culturale degli ultimi 25 anni a cui la Chiesa oggi deve rispondere? Mentre riflettiamo sulla Centesimus annus (l’enciclica promulgata da Karol Wojtyla nel 1991, a cent’anni dalla Rerum Novarum di Leone XIII e subito dopo il crollo della cortina di ferro, ndr), in che misura le nuove realtà del mondo di oggi confermano o richiedono un ulteriore sviluppo delle intuizioni contenutevi?”.

IL MISTERO DELL’INVITO 

E’ stato il candidato “socialista” a parlare del Papa, si fa presente in Vaticano, mentre l’invito è partito a mezzo lettera direttamente dal Cancelliere dell’Accademia che organizza l’evento, e cioè mons. Marcelo Sanchez Sorondo. Nelle ultime ore è circolata la notizia che per evitare ulteriori incomprensioni, Sanders potrebbe declinare l’invito, così da evitare imbarazzi tutti romani. Imbarazzi che sono stati resi palesi dalle dichiarazioni della professoressa Margaret Archer, che dell’Accademia è il presidente (nominato da Francesco nell’aprile di due anni fa): “Il presidente dell’Accademia che organizza questo evento (cioè lei, ndr) non è stata contattata, e questa è una enorme scortesia”, ha tenuto a precisare, aggiungendo che Sanders sta solo cercando di prendersi il voto cattolico.

IL CAMBIAMENTO NELLA POLITICA AMERICANA

Un concetto che in qualche modo è stato ripreso anche da E.J. Dionne jr. sul Washington Post, il quale ha spiegato come questa tornata elettorale stia trasformando il panorama religioso della politica americana. Anche perché “è difficile immaginare un candidato presidente democratico che riceve un invito a parlare in Vaticano nel bel mezzo della campagna elettorale”.

IL PRECEDENTE DI TRUMP

Non è la prima volta, in questa tornata di caucus e primarie, che le strade del Vaticano si intersecano con quelle degli Stati Uniti. Aveva fatto molto rumore l’intervento del Papa a bordo aereo, mentre tornava dal viaggio in Messico, lo scorso febbraio. Risponendo a una domanda sulle uscite non politicamente corrette di Donald Trump, Francesco aveva detto che “una persona che pensa soltanto a fare muri, sia dove sia, e non a fare ponti, non è cristiana. Questo non è nel Vangelo. Poi, quello che mi diceva, cosa consiglierei, votare o non votare: non mi immischio. Soltanto dico: se dice queste cose, quest’uomo non è cristiano. Bisogna vedere se lui ha detto queste cose. E per questo do il beneficio del dubbio”. Il riferimento al magnate frontrunner nel campo repubblicano era chiarissimo, benché il giorno dopo da oltretevere si siano affannati a gettare acqua sul fuoco, spiegando che il Pontefice non parlava di Trump.

LA SCARSA SIMPATIA PER HILLARY

Di certo viene sottolineata una scarsa simpatia vaticana nei confronti di Hillary Clinton, non tanto per la sua visione interventista in politica estera, quanto per le sue ben note posizioni bioetiche. Da qui però a dire che ci si auguri una vittoria di Sanders, ce ne passa. Se la maggioranza dei vescovi americani guarda con favore alla possibilità che a prevalere, a novembre, sia un candidato repubblicano, dal Vaticano c’è la volontà chiara di non intervenire nell’agone elettorale.

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