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Che cosa dimenticano i vescovi anti trivelle

Perderemo il turismo delle spiagge: è uno degli argomenti dei No-Triv. Sdraiati sulla spiaggia non vedremo più il mare, ma orribili piattaforme di trivellazione. Addio aurore o tramonti, distrutto il paesaggio. C’è del vero in queste querimonie. Ogni innovazione tecnologica trasforma e anche distrugge la natura. Lo dicono anche i vescovi. Super impegnati, non andarono al Family Day, ma oggi più di 80 diocesi manifesteranno sotto la finestra del papa contro le trivelle. Eppure la tecnica l’ha inventata il Padreterno, all’uomo ha detto: «Assoggetta e domina la natura». Certo, gli ha imposto anche di rispettarla (Genesi 1, 28; 2, 15). È la novità della Bibbia. Per i greci la natura era sacra, intoccabile, in quanto «piena di dei» (Talete). Hanno avuto Archimede e Platone, ma la loro tecnologia fu povera. Non ebbero gli occhiali, la sella per i cavalli, il timone e la bussola.

La Bibbia è la madre della tecnica, che non a caso raggiunse il suo grado più alto proprio nell’occidente cristiano, la civiltà che ha saputo vincere i grandi flagelli dell’uomo (morte precoce, epidemie, lavoro, miseria e fame). Grazie al dominio e alla trasformazione della natura in sé non più sacra. Nella vita nulla si ottiene senza pagare. I grattacieli, le autostrade, i ponti e le ferrovie distruggono il paesaggio naturale, la sua bellezza e suggestione. Dovremmo rinunciarvi? Vale anche per le triv. È vero, sono antiestetiche e grossolane. Ma dell’energia nessuno può fare a meno, nemmeno i turisti. Cerchiamo, dicono i no-triv, altre fonti meno inquinanti, non fossili, ma rinnovabili. Giusto. Ma gli strumenti tecnici usati per produrle non deturpano anch’essi l’ambiente?

Le gigantesche pale eoliche, alte anche 150 metri, non sono certo i mulini della Mancia, che Don Chisciotte scambiava per giganti. Non consumano carburante e non inquinano, ma di uccelli ne uccidono tanti e il loro rumore disturba l’ambiente. I pannelli solari sono puliti, ma i loro impianti di breve durata, i risultati intermittenti e poco efficaci. Esteticamente, le une e gli altri sono un pugno nell’occhio non inferiore a quello delle piattaforme in mare. Il referendum radicalizza in termini manichei l’antitesi: fonti fossili (cattive) e fonti rinnovabili (buone). Mentre tutte producono insieme utilità e danni. Più una tecnologia è potente, più espone a pericoli: basta pensare alle centrali nucleari. Inevitabile tener conto dei vantaggi e, insieme, confrontarli con i rischi che ne derivano.

Inaccettabile abbandonare le fonti di energia collaudate per altre ancora incerte e incipienti, in nome di un romanticismo del «naturale» e dello «spontaneo». Che poi spesso si rivela solo un meschino calcolo politico. Ancora più sporco di quelle piattaforme, che i No-Triv vogliono proibire.

(Pubblicato su Italia Oggi, quotidiano diretto da Pierluigi Magnaschi)


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