Ieri il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha partecipato alla cerimonia di inaugurazione dell’Anno accademico dell’Università a Bari in occasione del centesimo anniversario della nascita di Aldo Moro, a cui è intitolato l’ateneo del capoluogo pugliese. Il Capo dello Stato, prima di partecipare all’evento, ha deposto una corona di fiori davanti al busto intitolato allo scomparso presidente della Dc che si trova nella piazza che porta il nome dello statista, ubicata davanti alla centrale stazione ferroviaria.
MORO DOCENTE A BARI
Lo statista democristiano nacque a Maglie (Lecce) il 23 settembre del 1916; dal 1948 al 1964 fu docente all’Università di Bari. Mattarella,arrivato nella sede universitaria, è stato accolto dal rettore, Felice Uricchio: ha visitato lo studio che veniva utilizzato da Aldo Moro quando insegnava filosofia del diritto e Storia della Politica coloniale nell’ateneo barese. Qui ci sono scrivania, una libreria e un crocifisso appeso alla parete. E’ un locale, nell’atrio di Palazzo Ateneo, che guarda al cortile e all’ingresso di Piazza Umberto; che custodisce i volumi con discorsi dello statista: gli scritti di filosofia del diritto, insieme a tanti atti di convegni accademici. Moro si era laureato brillantemente in questa università il 13 novembre del 1938 con la votazione di 110/110 e lode con una tesi su “La capacità giuridica penale”; questo lavoro, ripreso ed approfondito, costituirà la sua prima pubblicazione scientifica e sarà dedicato alla madre Maria Fida Stinchi. «In quello stesso anno – ha ricordato il rettore Uricchio – ebbe inizio anche la sua carriera accademica come assistente volontario presso la cattedra di Diritto e procedura penale; nel 1940 fu nominato professore incaricato in Filosofia del diritto e in Storia e politica coloniale». Dal 1939 al 1942 fu anche presidente nazionale della Fuci, organizzazione degli studenti cattolici. Al di fuori della stanza, la targa con il logo dell’Università, scoperta simbolicamente dal Presidente Mattarella e da Agnese Moro, presente insieme al quartogenito dello statista, Giovanni. “In questo ufficio ha esercitato il ruolo di docente il professor Aldo Moro”: si legge sulla targa. Il giovane professore ogni mattina si recava dalla sua abitazione ubicata in via Murat fino a piazza Umberto e subito dopo si dirigeva verso le aule per svolgere le lezioni. I seminari, poi, avevano una interminabile appendice nel dialogo con gli studenti. Un po’ come accadeva all’Università “La Sapienza” di Roma dove si trasferì per insegnare presso la Facoltà di Scienze politiche come docente della cattedra di Istituzioni di diritto e procedura penale.
LO STATISTA NEL RICORDO DELLA FIGLIA AGNESE
“E’ stato tante cose- ha ricordato Agnese Moro in un suo libro “Un uomo così”, edito da Rizzoli –Ha fatto parte di quella generazione di giovani che dopo la violenza e l’ottusità della dittatura fascista e dopo gli orrori della Seconda guerra mondiale e del nazismo, si è dedicato ad aiutare la nascita di un Paese democratico, in cui le donne e gli uomini potessero vivere a pieno il loro destino di libertà consapevole e di grandezza morale. Papà ha preso parte ai lavori dell’Assemblea Costituente e ha contribuito a scrivere la nostra Carta costituzionale. Studioso e professore di diritto penale, ha insegnato con passione tutta la vita, a Bari e Roma, e lavorato per formare centinaia di giovani che ancora ricordano i suoi insegnamenti, e lui con stima e affetto. Alla fine degli anni Trenta e all’inizio degli anni Quaranta è stato presidente della Fuci, l’associazione degli universitari cattolici, che anche grazie a lui, mantenne, nonostante il governo fascista, profondità culturale, autonomia e spirito critico, preparando quella che sarebbe stata una parte importante della nuova classe dirigente. Fu invitato a impegnarsi nella dimensione politica dal suo vescovo. E’ stato sottosegretario agli Esteri; ministro di Grazia e Giustizia, della Pubblica Istruzione, Presidente del Consiglio, ministro degli Esteri. Ha lavorato, da Segretario politico della Democrazia cristiana e da Presidente del Consiglio dei Ministri, a fare in modo che né individui, né organizzazioni, né ceti, né popolazioni si sentissero estranei alla vita democratica e alla convivenza civile né in Italia, né all’estero”.
EMILIANO A MATTARELLA
Nel corso della cerimonia nell’ateneo di Bari, Michele Emiliano, presidente della Regione Puglia, si è rivolto al Presidente della Repubblica sottolineando il valore della Carta costituzionale: “Signor presidente noi la consideriamo, veramente e senza retorica, non solo il simbolo dell’unità nazionale, ma anche l’erede più prossimo dello straordinario compendio civile, giuridico, politico del quale stiamo parlando ricordando Aldo Moro”. Ecco perché la sua presenza all’inaugurazione dell’anno accademico dell’Università che ne porta il nome, è una carezza per tutti coloro che hanno giurato fedeltà alla Costituzione cui Aldo Moro, su questi presupposti, mise mano in modo certamente non secondario nell’Assemblea Costituente”.
SEMINARIO L’11 MAGGIO ALL’ARCHIVIO STORICO DEL QUIRINALE
Tra le tante cerimonie pubbliche che si svolgeranno nel mese di maggio per ricordare Moro anche quella in prevista mercoledì prossimo a Roma.Si tratta de “La vita di Moro- Percorsi biografici a 100 anni dalla nascita” che si terrà a Roma l’11 maggio, dalle ore 15.30 alle18.45, presso la Sala Convegni dell’Archivio Storico della Presidenza della Repubblica. L’evento è organizzato dall’Accademia degli studi storici Aldo Moro. Due giorni prima saranno trascorsi 38 anni dall’uccisione del Presidente della Dc da parte dei terroristi delle Brigate rosse. Il suo corpo fu fatto ritrovare nel bagagliaio di una Renault 4 rossa parcheggiata in via Michelangelo Caetani nella capitale. Proprio in questi giorni del personale specializzato ha effettuato lavori di pulizia e restauro della lapide a lato della suddetta strada romana che raffigura il viso mite di Moro.
QUEI QUINDICI MINUTI CHE GLI SONO RIMASTI DA VIVERE
La figlia Agnese, prima di rivolgersi con una missiva ad alcuni responsabili della lotta armata degli anni Settanta, ed anche della morte del padre, ha scritto una toccante pagina dedicata al giorno di quella tragedia. La si può leggere a pagina 161 de “Il libro dell’incontro”, edito nel 2015 da “il Saggiatore”. Scrive Agnese Moro: “Prima di mettermi a scrivere la lettera per voi ex ho voluto per un momento all’origine di tutto questo. Volevo essere certa di non aver dimenticato, di non aver annacquato il passato e quello che è successo a mio padre. Così ho riletto il referto della sua autopsia, perché è quel corpo- sono quei corpi- l’unico fatto inequivocabile, e, in maniera scarna e definitiva, la nostra realtà. Ho riletto e pensato tanto ai quindici minuti che gli sono rimasti da vivere dopo i vostri spari, o che gli sono serviti per morire. Leggendo mi sono chiesta che cosa fosse successo in quei minuti; se avete aspettato che morisse per trasportarlo, o se è morto ‘cullato’ dal movimento della macchina. Ho ricordato anche la feritina a mezza luna, lì dove gli mancava un pezzetto di pollice portato via da una pallottola, ma anche il suo volto assolutamente sereno. Ho pensato a qualche altra cosa che mi ha ferito, come l’inutile cattiveria di averci privato delle sue parole di addio per dodici anni, anni nei quali, nelle nostre vite è successo di tutto. Dopo queste letture e dopo questi ricordi sono stata davvero sicura di non aver annacquato nulla; che il mio cammino verso di voi- come il vostro verso di noi- è stato fatto senza semplificare, e senza mettere niente tra parentesi”.
Si possono ricordare la nascita e la morte di un uomo, anche a breve tempo l’una dall’altra. Ma bisogna farlo guardando in faccia la realtà e, quando è possibile, continuando a cercare sempre la verità. Solo così, dopo la memoria del 9 maggio, può seguire il futuro.