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Che cosa si sono detti Papa Francesco e il Grande imam di al Azhar

Muhammad al-Tayyeb

L’udienza in Vaticano tra il Papa e il Grande imam di al Azhar, Ahmed al Tayeb, “è un passo importante, ma non l’inizio di una santa alleanza tra religioni”, scrive sul Corriere della Sera lo storico Andrea Riccardi, commentando l’incontro di ieri tra le due alte autorità religiose. Non può essere altrimenti, d’altronde, dopo che per cinque anni le relazioni tra Roma e la principale istituzione sunnita del globo erano interrotte in seguito alla dura presa di posizione del Cairo dinanzi alle parole di Benedetto XVI relative all’attentato contro una chiesa ad Alessandria. Ma quel fatto rappresentava nient’altro che la più classica delle gocce che hanno fatto traboccare il vaso: “C’era incomprensione tra le due parti dopo l’incidente di Ratisbona nel 2006, quando Benedetto XVI citò una frase dell’imperatore bizantino Manuele Paleologo su Maometto, apparsa offensiva a molti musulmani”, aggiunge Riccardi.

I TEMI DELL’INCONTRO

Il comunicato diffuso ieri all’ora di pranzo sui temi dell’incontro denota in primo luogo il clima di cordialità (“colloquio molto cordiale”) tra i due interlocutori. Quanto agli argomenti, nessuna sorpresa: dialogo fra la chiesa cattolica e l’islam, comune impegno delle autorità e dei fedeli delle grandi religioni per la pace nel mondo, il rifiuto della violenza e del terrorismo, la situazione dei cristiani nel contesto dei conflitti e delle tensioni nel medio oriente e a loro protezione. Cioè le questioni preparate da tempo dalle rispettive diplomazie, che sul versante vaticano ha visto giocare un ruolo da protagonista il cardinale Jean-Louis Tauran, diplomatico di carriera e attuale presidente del Pontificio consiglio per il dialogo interreligioso. Lo stesso che, un paio di mesi fa, aveva consegnato tramite delegazione una lettera formale d’invito ad al Tayyeb perché si recasse in udienza da Francesco.

LE AMBIGUITA’ DI AL TAYYEB

Che si tratti solo d’un primo prudente passo e che molto rimanga da fare per stabilire un dialogo regolare capace di portare frutti lo si comprende guardando il profilo del Grande imam: “Non è un modernista filo occidentale. Il suo linguaggio e il suo pensiero sono interni al mondo orientale. Respinge la qualifica di musulmano moderato (una creazione massmediatica per marcare la differenza dagli estremisti”, sottolinea ancora Riccardi. Il fattore più rilevante, che spiega anche la costanza con cui Tauran ha cercato di portarlo a Roma, è la sua contrarietà all’islam politico, apparsa chiara durante il governo di Mohammed Morsi e dei Fratelli musulmani.

LA RIVOLUZIONE NELL’ISLAM

Non è un caso che nel dicembre del 2014 il presidente Abdel Fattah al Sisi si sia recato proprio all’Università di Al Azhar per pronunciare il discorso con cui invocava una “rivoluzione nell’islam”, capace cioè di rileggere i testi musulmani (Corano in testa) aggiornandoli al tempo corrente e non dandone più una interpretazione letterale. Un discorso che aveva creato speranze e aspettative, ma che ha faticato (e fatica tuttora) a trovare un’adeguata messa in pratica. Scrive Francesca Paci sulla Stampa che “negli ultimi anni il Grande imam ha tuonato a più riprese contro il settarismo che demonizza gli sciiti infiammando la Siria e ha condannato ad alta voce i criminali dell’Isis (rifiutandosi però sempre di chiamarli eretici o apostati”.

“NON UN ESEMPIO DI INDIPENDENZA DAL POTERE POLITICO”

Sul proprio account Facebook, anche l’inviato speciale del Sole 24Ore, Alberto Negri, ha commentato l’incontro di ieri: “Papa Bergoglio ieri ha abbracciato Ahmed al Tayeeb, capo di Al Azhar. Papa Francesco, scrive Carlo Marroni sul Sole, ‘in questa fase storica è percepito come la più autorevole leadership mondiale anche da musulmani ed ebrei’. Del Grande Imam di Al Azhar, Ahmed al Tayeeb, forse non si può dire la stessa cosa: è colto, autorevole, ma fu nominato da Mubarak nel 2010 ed era anche iscritto al partito del presidente Ndp. Poi Mubarak è caduto, sono arrivati al potere i Fratelli Musulmani estromessi dal generale Al Sisi in un bagno di sangue. L’ho incontrato prima e dopo questi eventi e mi è parso un uomo gentile che però ha sempre dovuto esibirsi in complicati esercizi di equilibrio. Non proprio un esempio di indipendenza dal potere politico ma forse questo è ineluttabile nella fase storica che attraversa l’Egitto”.

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