La manifestazione dei sindacati ha coinciso con il via libera di Bruxelles a una limitata flessibilità di bilancio. Si tratta pur sempre di una buona manciata di miliardi che possono servire a un rafforzamento della ripresa. Sempreché il governo non si lasci abbindolare dalla tentazione di rimettere mano al sistema pensionistico, riducendo, come rivendicano i sindacati, l’età pensionabile col pretesto di una maggiore flessibilità in uscita.
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I sindacati hanno un nuovo nemico: i voucher. Nel primo trimestre dell’anno con questo strumento sono state pagate 31,5 milioni ore di lavoro. Prima, tuttavia, di lanciarsi nel solito crucifige sarebbe bene approfondire il problema. Queste ore sono state sottratte al lavoro stabile o comunque meglio tutelato oppure sono state salvate dal lavoro sommerso? Chiaramente, non esiste una risposta univoca, uguale per ogni realtà territoriale e settoriale. L’Inps, tuttavia, sarebbe in grado di avvicinarsi almeno a una verità parziale. Basterebbe valutare, magari con indagini a campione, come venivano retribuiti in precedenza le persone che ora riscuotono i voucher. Se si dovesse scoprire che la maggior parte di loro non risultava negli archivi contributivi, si potrebbe anche concludere che l’operazione-voucher è servita.
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Il voucher è una modalità di retribuzione del lavoro accessorio che è una tipologia particolare di rapporto, regolata da precisi massimali riguardanti sia il datore quanto il lavoratore. Di lavoro accessorio può esserci l’esigenza in parecchie attività lavorative. Ecco perché sarebbe sbagliato limitarne l’uso soltanto ad alcuni settori merceologici.
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Se mai un giorno, in Europa, dovessero andare al potere i movimenti populisti, gli scafisti, mercanti di carne umana, farebbero affari d’oro. Le loro ‘’carrette del mare’’, sarebbero stracolme – anche nel viaggio di ritorno – di italiani ed europei che vanno a cercare rifugio in Libia.
