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Perché io, ammiratore dei Repubblicani, non esulto per Trump

Anche in Indiana Donald Trump ha trionfato. Ted Cruz, sconfitto duramente, ha annunciato ufficialmente di lasciare la corsa, dopo una settimana di mosse disperate come l’incongrua indicazione di una candidata vicepresidente proprio mentre stava perdendo rovinosamente. Così, non ci sarà nemmeno bisogno di attendere la California il 7 giugno. Trump avrà la nomination repubblicana.Per il nulla che vale l’opinione di un amico e ammiratore italiano degli Stati Uniti e dei Repubblicani, si tratta di un dramma. Per me, l’America e il GOP non sono solo un Paese e un partito, ma un insieme di idee e di valori: la Dichiarazione di Indipendenza, il Preambolo alla Costituzione, il Gettysburg Address…Vedere il partito di Lincoln, di Reagan, di Jack Kemp, nelle mani di Trump è uno choc assoluto.Credo che abbia due volte ragione il grande Bill Kristol. Una prima volta, quando dice che Trump e Clinton rischiano di essere la peggiore coppia di candidati nella storia repubblicana; una seconda volta, quando incita i migliori repubblicani a una terza candidatura di bandiera, per salvare anima e prospettiva, perché è impensabile compromettersi con la campagna Trump. Un Trump (sia chiaro) che contro Hillary, a dispetto dei pronostici, non parte necessariamente battuto: potrebbe attaccarla con una violenza e una volgarità senza precedenti, creando un’atmosfera a metà tra un rodeo e uno show televisivo, portando al voto milioni di astenuti (è già accaduto nelle primarie), uscendo del tutto dai binari di una normale contesa politica.Il punto è che, finora, Trump non ha solo vinto: ha soprattutto definito questa campagna elettorale americana, imponendo temi, codici, linguaggio e atmosfere. Occorre capire, più che fare demonologia.

Due fattori sono ormai chiarissimi. Il primo è la rabbia verso l’establishment, qualunque establishment, che porta le classi medie (è stato scritto magistralmente: “the rise of the unprotected”) a una reazione furente contro la politica tradizionale e a considerare Trump lo strumento della loro vendetta. Prepariamoci, perché tutto ciò non potrà che crescere e moltiplicarsi anche in Europa, com’è già fin troppo chiaro.

Il secondo è il fatto che Trump è il primo candidato venuto dritto dritto da un reality-tv show: tutti sanno che per anni è stato protagonista (e interprete di se stesso) in The Apprentice, con indici di ascolto pazzeschi, eccitando e insieme rispecchiando la voglia popolare di decisionismo (“you’re fired!”), di intrattenimento misto a bullismo, di prepotenza divertente, di arroganza e volgarità esibite come stile di vita, eccetera. Ora ha trasferito questo schema nella politica e nell’informazione (anzi, nell’infotainment perpetuo in cui siamo immersi nel nostro Occidente), e anche l’establishment mediatico, come quello politico, non ha saputo gestire la novità, facendosi catturare, anzi divorare.

Ma c’è un terzo fattore, meno politico e più antropologico, che non va trascurato. Vi si è dedicato un ricercatore del New Jersey, Dan Cassino, ripreso domenica scorsa dal Washington Post. La sua analisi parte, al contrario, da una debolezza di Trump, e cioè la sua misoginia, le sue battute devastanti contro le donne (la gaffe sulle mestruazioni di una giornalista sgradita, le offese sull’aspetto fisico della candidata Carly Fiorina, eccetera). E’ chiaro che tutto ciò gli ha alienato una larghissima parte di voto femminile: un autogol pazzesco. Eppure, eppure, dice Cassino, potrebbe esserci l’altra faccia della medaglia, rappresentata da un appello trumpista nemmeno troppo subliminale ai maschi in crisi e impauriti. Cassino ha provato a capirne di più interpellando un campione di elettori americani maschi, e informandosi ad esempio su chi, in casa loro, tra marito e moglie, riceva lo stipendio più alto. Ne è venuto fuori che i maschi più spaventati dalla crescita sociale, professionale ed economica delle donne, sono più orientati a votare Trump.

Occhio, allora: perfino quella ostentata misoginia trumpista potrebbe essere non una gaffe, ma un freddo calcolo. Perse le donne – sembra dire e fare Trump – voglio catturare almeno tutti i maschi. I maschi incazzati contro Washington e contro lo status quo, ma anche i maschi impauriti, sotto sotto, dal crescente peso femminile nella società. Meditate…


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