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Libia, perché la mossa militare di Serraj apre la strada alla missione internazionale

Lunedì il Consiglio presidenziale libico (PC), l’organo di transizione istituito dall’accordo di riappacificazione siglato a dicembre scorso sotto egida Onu, e guidato dal futuro premier Fayez Serraj, ha annunciato di aver istituito la Guardia presidenziale. Ossia Tripoli (inteso come il proto-governo che da mesi è sul punto di riunificare il Paese) ha creato la prima struttura militare riconosciuta e degna di legittimazione internazionale.

IL COMUNICATO

Il comunicato ufficiale parla di “un forza militare d’élite” che proteggerà il Consiglio, le istituzioni pubbliche, le infrastrutture, le utilities (ma non i campo-pozzi, che resteranno per il momento in mano alla Pfg del camaleontico Ibrahim Jadhran). Finora questo compito di protezione era affidato a diverse milizie, a tutti gli effetti irregolari, che però avevano giurato fedeltà a Serraj. Adesso, secondo le dichiarazioni ufficiali del PC, la Guardia presidenziale sarà composta da quelle stesse milizie, dal “Libyan army” e dalla polizia; le ultime due sono realtà che da quando è iniziata la guerra civile tra est e ovest non esistono più, dunque la creazione del corpo è una regolarizzazione de facto di alcune delle milizie più affidabili di Tripoli e Misurata.

L’ASPETTO POLITICO INTERNAZIONALE

La questione si trascina dietro un grosso peso politico: fino a questo momento, anche volendo, un eventuale intervento occidentale per fornire protezione, formazione, addestramento, alle forze di sicurezza locali era quasi impossibile, in quanto quelle forze di sicurezza erano entità non riconosciute e inquadrabili; e questo vale tanto in Tripolitania, dove l’ex governo regionale è venuto meno e tutti i principali gruppi di potere sono ormai allineati con Serraj, quanto in Cirenaica, dove le forze guidate dal generale freelance Khalifa Haftar si intestano il nome di Libyan National Army, ma in realtà sono una milizia regionale anch’esse. Ora le cose cambiano, c’è un organo esecutivo riconosciuto dalla Comunità internazionale che ha creato un corpo militare; esempio, l’inviato della Casa Bianca per gestire la crisi libica, Jonathan Winerha scritto su Twitter che la Guardia presidenziale è un segno di come “il Consiglio sia focalizzato nel combattere il terrorismo, la criminalità, l’impunità”, dunque l’America riconosce ufficialmente il ruolo del nuovo corpo. Fonti libiche che chiedono l’anonimato riferiscono a Formiche.net che l’istituzione dell’unità, nella testa di Serraj e dei suoi consiglieri (interni ed esterni), ha proprio lo scopo di creare all’Occidente un riferimento locale, un partner militare credibile sul campo.

PASSAGGI DIPLOMATICI

La scorsa settimana il premier designato, accompagnato da altri membri del Consiglio presidenziale (tra cui Ahmed Maitig, che potremmo definire il capo della diplomazia del PC), è partito da Tripoli per far visita al Cairo al presidente Abdel Fattah al Sisi. È stato un incontro molto importante, perché il capo di stato egiziano ha mostrato aperture nei confronti del processo di riunificazione libico, passo forse cruciale, mentre finora era stato uno sponsor diretto di Haftar e della Cirenaica, tessendo trame separatiste senza nemmeno nascondersi troppo.

Se l’Egitto ci sta, allora significa che il Gna, ossia il governo filo-Onu che dovrà essere guidato Serraj, potrebbe ottenere definitivamente l’avallo politico necessario da parte del parlamento di Tobruk, tenuto finora in ostaggio da Haftar e dal presidente dell’assise Agila Saleh, entrambi guidati dal Cairo. Se l’Egitto ci sta, significa anche che le forze guidate dal generalissimo cirenaico potrebbero congiungersi con quelle dell’ovest, anche se questa è un’operazione delicata, dato che anni di conflitto hanno sviluppato un vicendevole odio viscerale. Per capirci, gli uomini di Haftar in questi giorni hanno lanciato un’operazione (che prende il nome di “Volcano“) per liberare Derna da quelli che definiscono “i restanti terroristi”. La città era stato il primo punto di attecchimento dello Stato islamico in Libia, ma i baghdadisti erano stati poi cacciati da un raggruppamento di milizie che va sotto il nome politico di Consiglio della Shura, e che non è troppo distante dall’ex esecutivo tripolino, ossia da parte di quelle altre milizie che hanno giurato fedeltà a Serraj ed entreranno nella Guardia presidenziale; nell’equazione di Haftar, però, chi non è con lui è un terrorista.

IL VERTICE DI VIENNA

Il passaggio politico via Egitto potrebbe configurarsi anche durante la riunione internazionale organizzata da Italia e Stati Uniti per fare il punto sulla crisi libica, in programma lunedì 16 maggio a Vienna, dove si parlerà quasi sicuramente di una altro aspetto cruciale, lo sblocco dell’embargo sulle armi (“Non ha senso che la comunità internazionale sostenga la nostra guerra al terrorismo e ci proibisca di armarci” aveva pressato Serraj). Il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni ha annunciato un possibile incontro tra Sisi e Serraj, e visto il consesso in cui avverrà, dovrebbe portarsi dietro soltanto feedback positivi. Il nodo resta Haftar. Gentiloni ultimamente ha adottato una posizione più possibilista sul suo futuro, magari da integrare in qualche ruolo nelle prossime forze armate: è la nuova linea occidentale, battuta sempre ricordando che però saranno i libici a dire l’ultima parola; Serraj è ancora a caccia di consensi in Libia, e niente può passare come una decisione arrivata dall’alto o dall’esterno, soprattutto una che riguarda il ruolo del personaggio più inviso del paese.

COLPIRE LO STATO ISLAMICO

Se si dovesse realmente trovare la quadra definitiva, allora la missione di addestramento delle forze libiche in ottica di counter-terrorism si concretizzerebbe presto; forse anche senza quadra, magari mantenendo aperto qualche canale in Cirenaica come fanno i francesi. Lo Stato islamico in Libia è in una fase offensiva soprattutto mediatica: l’attacco a sorpresa contro le milizie di Misurata ad Abu Grein è stato un successo, anche a causa dell’impreparazione tattica dei combattenti libici, che in teoria sarebbero il più forte dei gruppi locali; e questo testimonia due cose: primo che est e ovest da soli non ottengono buoni risultati, secondo che i libici hanno effettivamente bisogno di addestramento. Perché allo stesso tempo l’azione a sud di Misurata ha dimostrato che i baghdadisti non sono poi così forti, dato che avrebbero potuto spingersi ben più a fondo, davanti ai misuratini in fuga.


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