I violini sono come la pasta, li si può fare all’italiana, oppure alla francese. Ma i francesi la pasta la fanno con il ketchup, non con il sugo. I violini pure: i transalpini costruiscono i loro strumenti con un sistema più veloce ed efficiente, visto che lo hanno adottato in tanti. Ma quelli fatti in casa, a Cremona, secondo la ricetta di Stradivari, sono un’altra cosa. Perfino i legni vengono lavorati partendo dal tronco con uno scalzo, esattamente come si taglia il parmigiano.
È per questo che un paio d’anni fa è nata l’Academia Cremonensis. È l’unica scuola di liuteria e archetteria riconosciuta da tutti i Paesi membri della Comunità Europea: “Il metodo cremonese differisce da tutti gli altri perché il violino viene costruito intorno a una matrice che ne ha la forma. Mentre in quello francese il legno viene modellato all’interno dello stampo. Tutte le parti del violino, la tavola, il fondo, sono realizzate separatamente e poi assemblate”. A spiegarlo è Stefano Conca, founder e managing director dell’Academia. Insomma il metodo francese è più facile. Quello cremonese è più difficile, sicuramente più lento e quindi più costoso, ma fedele alla tradizione. E genera solo pezzi unici.
Il metodo insegnato all’Academia è il “metodo Sacconi” e prende il nome dal romano Simone Fernando Sacconi (1895 – 1973) che, dopo aver combattuto la prima guerra mondiale, decise di dedicarsi all’arte della liuteria studiando direttamente sugli strumenti di Antonio Stradivari. A contatto con i grandi musicisti della sua epoca (Debussy, Strauss, Casella, Respighi, Mascagni), ebbe come suoi clienti Itzhak Perlman, Salvatore Accardo, Uto Ughi. “Decodificò” i disegni, le lettere che Stradivari apponeva sul manico di ogni esemplare, le procedure del maestro e la loro esatta sequenza. Stradivari è stato il Socrate dei violini: non ha lasciato alcun manuale, niente di scritto. Ma c’è sempre un Platone pronto ad appuntare tutto, e il nostro è proprio Sacconi.
Per quanto riguarda gli archetti (che fanno metà del suono di un violino), caposcuola italiano è Giovanni Lucchi. Nato a Cesena nel 1942, aprì la prima Scuola Italiana per Archettai a Cremona nel 1976. Mstislav Rostropovich e Pinchas Zukerman usano un archetto firmato “G. Lucchi – Cremona” e sono tra i pochi fortunati perché Giovanni Lucchi, dopo la sua morte, ordinò ai figli di smettere di timbrare gli archetti con il suo nome. Il suo è il metodo che viene insegnato qui, dal figlio Massimo Lucchi.
Superata la volta del palazzo dove ha sede l’Academia, un palazzo dell’800, di marmo grigio, con una facciata decorata da semicolonne con capitelli corinzi, bassorilievi e un frontone sormontato da tre statue di marmo, si trova la xiloteca. Qui gli spicchi di abete rosso sono ordinatamente riposti a essiccare su impalcature in legno che arrivano fino al soffitto. “Viene dalla foresta di Paneveggio, in Trentino. Solo in questi legni Stradivari trovò la capacità di risonanza che gli serviva per la costruzione delle casse armoniche dei violini. E infatti la chiamano Foresta dei Violini o Foresta degli Alberi che suonano. Noi utilizziamo legni che sono stati conservati almeno trent’anni: per questo il violino, anche se è nuovo, suona come uno strumento già rodato”.
Dal cortile, due rampe di scale a gradoni portano alle stanze dove lavorano gli apprendisti: tra coreani, giapponesi e iraniani, ci sono anche due giovanissimi cremonesi. E ci risiamo con la gastronomia: sembrano tutti vestiti da cuochi, manca solo la toque, portano dei lunghi grembiuli bianchi. I tavoli e il pavimento sono coperti da uno strato di finissima polvere di legno lavorato e trucioli. Gli allievi sono sorvegliati dal maestro giapponese Ichiro Tsutsumi, liutaio e archettaio, e dal liutaio Piergiuseppe Esposti. Entrambi chini sui tavoli da lavoro, osservano immobili per interi minuti e correggono il lavoro infinitesimale, paziente, da orologiai. Nel regolamento dell’Academia si raccomanda la puntualità e il rispetto delle regole, ma nemmeno a un matto, con tutti quegli arnesi appuntiti, verrebbe in mente di far arrabbiare qualcuno.
“Gli iscritti seguono 7 ore di laboratorio al giorno, per 5 giorni alla settimana, per 10 mesi l’anno”, spiega Conca. “Oltre al corso di liuteria e archetteria, ci sono quelli di verniciatura e di montaggio del kit violino modello Stradivari: ne abbiamo messo in vendita uno da 240 euro con tutti i pezzi per montare lo strumento, un corso è impensabile – chiosa Conca – perché il corso di liuteria ha un costo di partecipazione annuale di circa 13mila euro, quello di archetteria circa di 7mila”. Di nuovo, avremmo tutti gli ingredienti per impiattare un capolavoro, ma zero idee sulla ricetta.
Nell’ultima stanza stanno asciugando i violini completi. “Tutto ciò che producono i nostri apprendisti resta di proprietà dell’Academia: o li noleggiamo o li diamo in prestito. Su ciascun violino e ciascun archetto c’è il timbro a fuoco della scuola”.
Tutti ormai sappiamo che cosa si rischia a servire mappazzoni a Cracco, Barbieri e Bastianich, ma anche i liutai non scherzano: il bolognese Ansaldo Poggi, tra i più grandi liutai del ventesimo secolo, selezionava con una cura molto personale i suoi clienti. “Costruì 322 violini nell’arco della sua vita, e nessuno di questi finì nelle mani di un comunista”.
(Foto: Giuseppe Braga)