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Cosa penso dei movimenti anti euro

Per ammazzare il tempo libero durante il mio dorato pensionamento, oltre a dedicarmi alle gattine (le compagne di vita mie e di mia moglie), leggo, un po’ alla rinfusa, libri di storia sull’Europa tra la Grande Guerra e la Seconda guerra mondiale. Mi interessa approfondire, in particolare, la nascita e l’affermazione dei movimenti fascisti che interessarono più o meno tutti i Paesi del Vecchio Continente, sia pure con sbocchi diversi rispetto alla presa del potere. Sono infatti convinto del fatto che – sia pure in un contesto differente per tanti aspetti – anche nella situazione attuale vi siano elementi simili a quelli che in quegli anni condussero l’Europa a fare i conti con spietate dittature e a dare origine ad una guerra mondiale. Sto leggendo attualmente un voluminoso saggio di Erick Eyck sulla “Storia della Repubblica di Weimar: 1918-1933” (Einaudi, 1966). Quella di  Weimar, fondata dopo la sconfitta degli Imperi centrali nel 1918, era una Repubblica democratica, con una Costituzione avanzata tanto da essere presa a riferimento dalla Assemblea costituente per la nostra Carta fondamentale del 1948. I socialdemocratici, nel Reichstag, erano il partito di maggioranza relativa, espressero il primo Presidente della Repubblica e parteciparono più volte ai governi non solo con ministri, ma anche con dei Cancellieri, in esecutivi di coalizione con altri partiti democratici. Anche i comunisti potevano contare su di un discreto numero di parlamentari, ossequienti alla direttive di Mosca. La Repubblica seppe avvalersi anche di valorosi statisti rispettati in tutta Europa e nell’ambito della Società delle Nazioni. Nelle elezioni dei 1928 i Nazionalsocialisti di Adolf Hitler elessero solo 12 deputati. Due anni dopo, nella consultazione elettorale del 14 settembre 1930, passarono a 107 deputati classificandosi come il secondo gruppo parlamentare dopo i socialdemocratici. Tra le due consultazioni era intervenuta la crisi del 1929. Le destre e i nazisti attribuivano le difficoltà della Germania ai trattati che imponevano al Paese le riparazioni belliche a favore dei Paesi vincitori del conflitto. La classe dirigente di Weimar era consapevole dell’esigenza di rispettare gli impegni assunti nel trattato di Versailles per garantire la stabilità internazionale e la credibilità della Germania, anche se tale indirizzo comportava delle politiche di rigore e di sacrifici sul piano interno. Ma alla fine l’elettorato si fece abbindolare dalle promesse di rivincita e di diniego dei patti. Hitler venne nominato Cancelliere il 30 gennaio del 1933. Sei anni dopo la Germania aggrediva la Polonia.

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Perché ho raccontato questa vecchia storia? Perché ci sono adesso partiti e movimenti, non solo in Italia, che stanno orientando l’opinione pubblica contro le politiche del rigore e la moneta unica, come se fossero all’origine dei nostri mali.

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Maria Scicolone si è fatta sfuggire un commento “politicamente scorretto”: “Gli uomini sono tutti ricchioni“. Signora, faccia più attenzione un’altra volta. Quando sarà approvata le legge contro l’omofobia con siffatte considerazioni rischierà di visitare le patrie galere.

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