Donald Trump ha decisamente più grane da candidato repubblicano “in pectore” alla Casa Bianca, ormai senza rivali, che da aspirante alla nomination: da mercoledì, cioè da quando i suoi avversari superstiti si sono ritirati, il magnate dell’immobiliare colleziona gaffes con gli ispanici, guai per la sua Università e attacchi dall’antagonista dell’8 Novembre Hillary Clinton – e fin qui è tutto normale –, ma riceve anche critiche dalle figure più rappresentative del suo partito e dal presidente Barack Obama – e questo non è nel copione –. Per di più, neppure la Cia si fiderebbe di lui.
Lo showman non si fa impressionare e replica, ma – cosa per lui inconsueta – non riesce a spostare la palla nel campo avversario e pare costretto sulla difensiva: questione di ore, magari, perché l’inventiva di Trump, cui i media danno una mano amplificandone le trovate, è finora stata l’arma più efficace di questa campagna.
Ieri, il presidente Obama, in conferenza stampa, s’è mostrato “preoccupato” per “l’enfasi dei media sul circo” del magnate: “E’ qualcosa che non possiamo permetterci”, mentre è invece “importante” valutare “seriamente'” le dichiarazioni dello showman.
L’opinione pubblica – dice il presidente – ”dev’essere informata in modo efficace” sulla corsa in atto alla Casa Bianca e deve sapere se quanto Trump rivendica di avere fatto, ad esempio come imprenditore, è vero, perché “la presidenza non è un reality show”.
Quanto alle divisioni e alle diffidenze in campo repubblicano, Obama constata “una chiara divisione all’interno del partito repubblicano”. “Saranno gli elettori – aggiunge – a decidere se Trump parla per loro e rappresenta i loro valori”.
Fra le preoccupazioni del presidente e dell’Amministrazione, vi sarebbe, secondo fonti di stampa, la gestione dei segreti da parte di Trump, in occasione dei briefing che di solito la Cia organizza per condividere informazioni classificate con i candidati presidenziali: una tradizione che va avanti dal 1952.
Rispondendo a domande nel suo consueto briefing giornaliero, il portavoce Josh Earnest ha detto che l’Amministrazione si fida di Hillary Clinton e sa che l’ex segretario di Stato capisce l’importanza di mantenere il segreto sulle informazioni classificate. Quanto a Trump, Earnest ha glissato dicendo che la decisione sulle informazioni da condividere spetta al direttore della Cia. “Non posso esprimermi io”. Secondo le impressioni ricavate dai giornalisti presenti al briefing, l’intelligence potrebbe fare dei distinguo tra i candidati nel condividere con loro informazioni classificate.