Anche l’Italia ha subito gli effetti negativi provocati dalle sanzioni applicate dall’Unione europea contro la Russia: nel 2015, le nostre esportazioni hanno sfiorato gli 8,4 miliardi di euro, registrando una flessione del 22,7 per cento. Per questo occorre superare l’attuale situazione conflittuale per ristabilire i rapporti economici fruttuosi tra l’Unione europea e Mosca.
È questo il messaggio emerso ieri in occasione del IV Seminario Eurasiatico, patrocinato da Conoscere Eurasia – associazione costituita nel 2008 per sviluppare le relazioni economiche e culturali tra l’Italia, la Federazione Russa e la Comunità economica eurasiatica – in collaborazione con Intesa Sanpaolo, Banca Intesa Russia e lo studio legale internazionale Gianni, Origoni, Grippo, Cappelli e Partners. Il seminario ha anticipato il Forum Economico Internazionale di San Pietroburgo (16-18 giugno), in cui l’Italia sarà accolta come ospite d’onore.
L’ITALIA, UN PONTE TRA LA FEDERAZIONE RUSSA E L’UNIONE EUROPEA
“Le sanzioni contro la Russia non frenano l’Unione economica eurasiatica che avanza verso Est e Medio Oriente alla ricerca di nuovi mercati di sbocco, contribuendo a definire una nuova mappa geoeconomica”, ha detto Antonio Fallico (nella foto), presidente dell’Associazione Conoscere Eurasia e di Banca Intesa Russia. “E se le ripetute tensioni con il Paese-motore del mercato eurasiatico frenano le esportazioni italiane e quelle europee, i cinque Stati dell’Unione, non solo proseguono velocemente verso riforme comuni all’insegna di una maggiore competitività, ma incassano accordi commerciali strategici e funzionali alla crescita”, ha proseguito.
Sul fronte dei dati, l’interscambio 2015 tra Italia e Unione economica eurasiatica (Ue, Russia, Bielorussia, Kazakistan, Armenia e Kirghizistan) ha ceduto il 18,3 per cento rispetto all’anno precedente, fermandosi a 25,1 miliardi di euro. A contribuire negativamente sia il calo delle importazioni (-15,9 per cento), ma soprattutto delle nostre esportazioni che hanno sfiorato gli 8,4 miliardi di euro, in flessione del 22,7 per cento. Un dato, questo, trascinato al ribasso dal sistema sanzionatorio contro la Russia e dalle conseguenti contro sanzioni.
“In attesa che l’Europa cambi passo politico rimuovendo queste misure deleterie per l’economia globale – ha proseguito Fallico – vi è la necessità di riprendere al più presto un confronto costruttivo con la Russia, motore principale dell’Unione economica. Il prossimo Forum economico internazionale di San Pietroburgo va in questa direzione. Nell’occasione l’Italia […] potrebbe diventare una voce autorevole anche in Europa”.
IL RUOLO DELL’ITALIA NELLA RIPRESA RUSSA
Messa in ginocchio dalle tensioni geopolitiche, dalla svalutazione del rublo e dalla caduta del prezzo del petrolio, l’economia della Federazione Russa sta attraversando un momento difficile. Nonostante questo, però, “la fiducia dell’imprenditoria italiana non è mai venuta meno e nessun investitore ha mai abbandonato la Russia”, ha sottolineato Cesare Maria Ragaglini, ambasciatore d’Italia a Mosca, nel sottolineare l’importanza e la solidità delle relazioni tra Roma e il Cremlino.
“È arrivato il momento di pensare a qualcosa di diverso. Il governo russo sta pensando a una diversificazione dell’economia e alla creazione di un’industria russa”, ha affermato l’Ambasciatore. È in un momento così importante che l’Italia può fare la differenza, andando contro corrente rispetto al resto della Comunità Internazionale, e seguendo una tradizione che, invece, a casa nostra è longeva. “L’Italia può giocare un ruolo importante nell’accompagnare la Russia nel processo di diversificazione economica. Può farlo investendo e il momento propizio per investire è ora”, ha precisato Ragaglini, sebbene lo stato dell’economia russa possa far pensare il contrario.
LA MANCANZA DI DIALOGO
Grigory Rapota, segretario di Stato Russia-Bielorussia, ha domandato perché l’Unione europea sia restia a instaurare un dialogo con l’interlocutore eurasiatico. “In territorio post-sovietico quello che ci limita è la mancanza di fiducia, il primo dei problemi che condiziona le relazioni tra Est e Ovest”, ha commentato il segretario di Stato. Sebbene la contrapposizione tra blocco occidentale e orientale si consideri terminata, si respira ancora un’aria che sa di Guerra Fredda, o per le meno così pare. “Abbiamo speso tanto tempo per creare un dialogo con l’Ovest […] Tra l’Unione europea e l’Unione economica eurasiatica ci sono tanti punti di contatto utili per instaurare rapporti economici”, ha commentato Rapota, incapace di spiegarsi perché, nonostante questo, l’Unione europea non voglia riconoscere il potenziale partner. “Quando i rappresentanti di alcuni paesi dicono di non essere interessati a quello che abbiamo da dire, ecco che si arriva a quelle mosse politiche che spesso sono la causa di conflitti. Da qui, la necessità di creare più spazi che favoriscano lo scambio di opinione”, ha concluso Rapota.
I PROGRESSI DELL’UNIONE ECONOMICA EURASIATICA
Fiero del fatto che l’Unione economica eurasiatica stia muovendo nella direzione giusta – a testimoniarlo è anche la recente adozione di un testo unico che racchiude gli accordi stipulati e le leggi elaborate negli anni precedenti in materia di integrazione economica – Sergey Razov, ambasciatore della Federazione Russa in Italia, ha passato in rassegna le sfide che ancora attendono l’Unione. “Eliminare le barriere ancora presenti al suo interno, approvare codici doganali, creare mercati unici nel settore farmaceutico (entro il 2017), elettrico (entro il 2019) e petrolifero (entro il 2025)”, non solo al fine di migliorare lo stato delle cose all’interno dell’Unione, ma anche per diventare un partner più appetibile. Questo il piano messo in tavola dall’Ambasciatore.
Sebbene la Federazione Russa si stia adoperando per creare zone di libero scambio con l’Egitto, Israele e l’Iran, l’Unione europea resta sempre il partner fondamentale agli occhi del Cremlino e dell’Unione economica tutta. “Crediamo che esistano i presupposti per questa cooperazione, dal momento che la nostra e la vostra economia sono complementari”, ha affermato Razov. Naturalmente, nel Vecchio Continente un ruolo privilegiato continua a essere assegnato all’Italia, nonostante “l’interscambio con la Federazione Russa si sia ridotto di ben due volte rispetto al primo semestre del 2015”.
Mosca, nel frattempo, ha adottato alcuni accorgimenti, come “la semplificazione delle procedure di creazione e registrazione di una startup (in Russia ci vogliono solo tre giorni) o l’obbligo cui vanno incontro le società con una partecipazione statale maggiore del 50 per cento di acquistare il 18 per cento di quello di cui necessitano da piccole e medie imprese”, ha spiegato Olga Lein, Membro del Management Board di Banca Intesa Russia.