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Vi racconto l’ultima puntata del populismo televisivo

Dal momento che nella battaglia referendaria si usa ed abusa del (presunto) pensiero dei padri e delle madri naturali e/o nobili, non avendo mio padre detto o scritto nulla a proposito del bicameralismo, mi sto chiedendo se non sia il caso di interrogarlo dall’Aldilà sul tavolino zoppo.

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In uno dei talk show (a mio avviso, tra i più populisti) è stato intervistato un signore 83enne che si è detto frodato da una delle bad bank fallite. Aveva investito tutti i suoi risparmi (35mila euro) in azioni dell’istituto di credito. A parte l’età (veneranda?), il signore ha fatto sapere di essere laureato, di aver lavorato per quarant’anni come informatore scientifico di case farmaceutiche: in sostanza, una persona che avrebbe dovuto sapere come va il mondo, anche quello della finanza. Lo stesso risparmiatore ha denunciato, poi, di essere diventato povero in canna, al punto di non essere neppure in grado di pagare le bollette. Mi sono chiesto: “Ma questo signore non percepisce tutti i mesi una pensione? Perché l’intervistatore non gli fa questa domanda?’’.

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Qualcuno ha notato che, quando l’anno prossimo si svolgerà il vertice del G7 a Roma, tra i protagonisti dell’incontro potrebbero esserci Donald Trump, Marine Le Pen, Boris Johnson, Luigi Di Maio. Nel consesso potrebbe mancare, invece, un rappresentante della (ex?) Unione europea.

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Il processo di beatificazione (laica?) di Marco Pannella, ad una settimana dalla scomparsa, è passata ad una seconda fase: condannare alla gogna mediatica tutti coloro che – nei quarant’anni dell’azione politica del leader radicale – hanno osato rivolgergli qualche critica.

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Pier Luigi Bersani continua a dare lezioni al governo. Ma non era quello disposto ad allearsi con il M5S?

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Vincenzo Boccia, nella sua relazione d’insediamento al vertice della Confindustria, si è schierato con il governo. Una volta erano i sindacati a farlo quando al potere c’era la sinistra.

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“È la Finanziaria che abbiamo chiesto”. Sono queste – più o meno – le parole con le quali l’allora segretario della Cgil, Guglielmo Epifani (gli altri leader sindacali furono più prudenti) commentò, a caldo, la manovra di bilancio per il 2007, ai tempi del secondo Governo di Romano Prodi.

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