Serve una moratoria per l’applicazione del codice degli appalti che sarebbe potuto entrare in vigore dal 1 gennaio del 2017 quando tutti i soggetti avevano “digerito” le nuove norme, senza strozzare il mercato. Lo sfogo raccolto da Formiche.net durante un convegno di Federcostruzioni Regole, concorrenza e mercato. Le occasioni mancate per far ripartire l’Italia è arrivato da Claudio De Albertis, presidente dell’Associazione Nazionale Costruttori Edili. “A maggio c’è stata una caduta degli importi dei bandi del 76% perché stazioni appaltanti e imprese vivono uno stato di grande confusione” ha spiegato il numero uno dei costruttori e di fronte a norme nuove come quelle del Codice degli Appalti che non si possono recepire “con la bacchetta magica” serviva un periodo di decantazione. “Anche perché si tenta di regolamentare un mercato che non esiste più o quasi – ha spiegato De Albertis – Dal 2009 al 2014 gli investimenti in costruzione sono calati di oltre il 60% nei lavori pubblici, con le unità abitative con permessi per la costruzione che sono calati da 306mila nel 2011 a 58mila dello scorso anno, portandoci in pratica ai livelli del 1936”.
Il Codice degli Appalti Pubblici preoccupa dunque gli imprenditori edili iscritti ad Ance perché presenta molte criticità. Sebbene nasca ponendosi l’obiettivo di rendere il sistema dei lavori pubblici all’altezza di un grande paese europeo attraverso semplificazione, trasparenza, lotta alla corruzione e qualità, il raggiungimento di questi stessi obiettivi viene messo a rischio da diversi aspetti critici presenti nel testo normativo, come denunciano i costruttori. Se da un lato l’Ance saluta con favore le novità riguardanti il ruolo sempre più centrale dell’Anac che con l’affidamento di decine di nuovi compiti diventa una vera Authority di regolazione del settore, la riduzione e la qualificazione delle stazioni appaltanti, in modo da limitare il rischio di contenziosi e aggiudicazioni errate, la qualificazione delle imprese, l’affermazione della centralità del progetto, strumento fondamentale intorno cui costruire una migliore e più qualificata domanda pubblica, e l’aver reso strutturale l’istituto dell’anticipazione del prezzo a favore delle imprese, dall’altro ci sono diverse criticità che i costruttori edili vorrebbero affrontare con urgenza in attesa della pubblicazione dei decreti attuativi.
D’altra parte sono i dati a fotografare una realtà difficile per il comparto. A due mesi dall’entrata in vigore del nuovo Codice degli Appalti sono stati pubblicati pochissimi bandi di gara per lavori pubblici nelle Gazzette Ufficiali. Nel mese di maggio rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente per il Cresme, Centro ricerche economiche e sociali del mercato dell’edilizia, il numero di gare è diminuito del 26,2% e il valore delle opere si è ridotto dell’84,8%. Un vero e proprio crollo dipeso proprio dalla mancata previsione di un periodo transitorio che avrebbe offerto la possibilità di affrontare meglio questa delicata fase di rinnovamento normativo.
Nel passaggio dal vecchio codice – prima esistevano 660 articoli e 1500 commi – al nuovo di 217 articoli ci si è fermati attendendo l’approvazione delle Linee Guida dell’Autorità Nazionale Anticorruzione guidata da Raffaele Cantone. Nel frattempo è restato in vigore, per ampi stralci, il vecchio Regolamento. Che verrà abbandonato definitivamente quando verranno approvati i diversi provvedimenti attuativi. “Il risultato di questo sistema è che considerata l’incertezza – ha rimarcato De Albertis – le stazioni appaltanti navigano a vista e le imprese sono in grande difficoltà. Per questo siamo molto preoccupati e chiediamo una riflessione aggiuntiva se non vogliamo che il nostro settore scompaia lentamente”.
Un’altra preoccupazione è la questione legata alle attestazioni SOA, la certificazione obbligatoria per la partecipazione a gare d’appalto per l’esecuzione di appalti pubblici di lavori. Per i vertici di Ance la regola che impone di guardare agli ultimi cinque anni di fatturato (e non più agli ultimi dieci anni) per sottoscrivere il contratto SOA pone tutti i presupposti per “un vero massacro delle imprese piccole e medie”. Un’impresa su cinque rischia di uscire dal mercato. Secondo i dati del casellario Anac infatti su 29mila imprese attestate circa 14.500 sono quelle che in futuro rischiano il taglio di una categoria o di una classifica e sono quasi 5.500 quelle che, loro malgrado, potrebbero doversi limitare alle gare sotto i 150mila euro, che non prevedono attestazione SOA. Così c’è il rischio che il mercato resti in mano ai 10-15 grandi gruppi che negli ultimi cinque anni hanno potuto colmare il gap di lavori pagato alla crisi italiana conquistando cantieri all’estero. Per questo Ance chiederà con forza al Governo che, nell’ambito del decreto correttivo del codice, “venga trovata una soluzione a queste e ad altre strozzature in tema di qualificazione, di disciplina sul subappalto, di trattativa privata e procedure negoziate”.