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Il rapporto tra Chiesa e politica secondo Papa Francesco

Agnelo Bagnasco e Jorge Maria Bergoglio

“La Chiesa è chiamata a compromettersi. Si dice che la Chiesa non debba mettersi nella politica”, ma “la Chiesa deve mettersi nella politica alta”. Sono le parole che il Papa, venerdì sera, ha pronunciato intervenendo al convegno sulla tratta degli esseri umani e la criminalità organizzata che si è tenuto in Vaticano, presso l’Accademia dee Scienze sociali.

LA DIFESA DEI MAGISTRATI DALLE “PRESSIONI INDEBITE”

Francesco ha citato Paolo VI – che, ricorda sulla Stampa Giacomo Galeazzi, è stato “il più politico dei papi del Novecento” – quando Montini ebbe a dire che “la politica è una delle più alte forme dell’amore, della carità”.  Dal Pontefice è giunta anche una strenua difesa per l’operato dei magistrati impegnati nel combattere le moderne schiavitù: “So che subite minacce e condizionamenti da tante parti. So che oggi essere procuratori, essere pubblici ministeri, è rischiare la vita e questo mi fa essere riconoscente del coraggio di alcuni di voi, che vogliono andare avanti, rimanendo liberi. Senza questa libertà – ha aggiunto il Papa – il potere giudiziario si corrompe e genera corruzione”.  No, ha chiosato Bergoglio, alle “indebite pressioni” del potere politico “che tendono a liquefare la figura del magistrato”.

IL RAPPORTO TRA CHIESA E POTERE POLITICO 

Francesco, in sostanza, ha ribadito i termini della relazione tra la Chiesa e la politica, che aveva già illustrato pochi mesi dopo l’elezione in un’intervista concessa alla Stampa: “Il rapporto deve essere allo stesso tempo parallelo e convergente. Parallelo perché ognuno ha la sua strada e i suoi diversi compiti. Convergente, soltanto nell’aiutare il popolo. Quando i rapporti convergono prima, senza il popolo, o infischiandosene del popolo, inizia quel connubio con il potere politico che finisce per imputridire la Chiesa: gli affari, i compromessi. Bisogna procedere paralleli, ognuno con il proprio metodo, i propri compiti, la propria vocazione. Convergenti solo nel bene comune”.

CONTRO I CORROTTI CHE SPORCANO LA POLITICA

La politica è nobile, aggiungeva allora il Papa, ma può essere sporcata “quando la usiamo gli affari. Anche la relazione fra Chiesa e potere politico può essere corrotta, se non converge soltanto nel bene comune”. Un ammonimento che era risuonato ben chiaro il 27 marzo del 2014, quando Francesco celebrò all’Altare della cattedra in San Pietro la messa per i parlamentari italiani (esperienza non più replicata negli anni successivi).

IL PRECEDENTE DELLA MESSA PER I PARLAMENTARI

In quell’omelia – che scontentò più di un presente, a sentire le successive dichiarazioni di qualche deputato e senatore – Bergoglio si scagliò contro quelli “che da peccatori sono diventati corrotti”: “E’ tanto difficile che un corrotto riesca a tornare indietro. Il peccatore sì, perché il Signore è misericordioso e ci aspetta tutti. Ma il corrotto è fissato nelle sue cose, e questi erano corrotti. E per questo si giustificano, perché Gesù, con la sua semplicità, ma con la sua forza di Dio, dava loro fastidio. E, passo dopo passo, finiscono per convincersi che dovevano uccidere Gesù, e uno di loro ha detto: ‘E’ meglio che un uomo muoia per il popolo’”.

LE LINEE GUIDA DATE A FIRENZE

E’ questo il senso che il Pontefice argentino dà relativamente all’impegno della Chiesa in politica, niente di più. Un coinvolgimento da lui definito “alto”, ma che non ha nulla a che vedere con una sorta di indirizzo circa appuntamenti elettorali o campagne referendarie. Lo aveva fatto chiaramente intendere già a Firenze, lo scorso novembre, per il V convegno ecclesiale della Cei, quando aveva rimarcato il profilo pastorale rispetto alla stagione delle battaglie pubbliche in difesa dei valori non negoziabili.

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