Con oggi si chiude il secondo ciclo di mobilitazioni dei lavoratori metalmeccanici per sollecitare il rinnovo del contratto nazionale scaduto lo scorso 31 dicembre. Dopo lo sciopero di quattro ore al primo turno di lavoro del 20 aprile di quest’anno, abbiamo svolto in ambito regionale altre dodici ore dall’ultima settimana di maggio fino a metà giugno. Questa mattina parlerò a Catanzaro e il mio discorso sarà dedicato non solo alla vertenza contrattuale che va sbloccata, ma anche alla lotta e ai mali endemici del sud che sono disoccupazione, desertificazione industriale, criminalità organizzata, mancanza di una capace classe dirigente.
Lo stesso faranno i miei colleghi di Fim e Fiom nei capoluoghi di due altre regioni disagiate come la Sardegna e la Sicilia. Ma fino ad oggi abbiamo tenuto decine di comizi in tutte le piazze d’Italia alla presenza di migliaia di “tute blu” che hanno incrociato con fierezza le braccia contro la proposta contrattuale di Federmeccanica-Assistal impossibile da apprezzare e di conseguenza inaccettabile a partire dal tema del salario. Sono più di sei mesi che trattiamo con la controparte – ma nulla è cambiato rispetto alle posizioni iniziali.
Anzi, abbiamo registrato dei passi indietro su tutti i temi dove pareva che si fossero definiti degli avanzamenti. Da queste voci escludo la parte del salario, perché è l’unica questione su cui Federmeccanica ed Assistal non si sono proprio mosse di un centimetro rispetto alla posizione formulata lo scorso dicembre 2015. Quando il dialogo diventa autoreferenziale e fine a sè stesso termina l’interlocuzione ed arriva il tempo della contrapposizione. E’ quello che di fatto sta accadendo.
Nell’ultima indagine congiunturale sull’industria metalmeccanica Federmeccanica ha notato che dal primo gennaio al 31 marzo 2016 si è verificata una crescita modesta, ma continuativa del nostro Prodotto interno lordo. Eppure la stessa federazione degli imprenditori ha già annunciato di aspettarsi (nel periodo che va dal primo aprile al 30 giugno) un rallentamento della crescita. Da qui la consueta riproposizione della piattaforma contrattuale della controparte esposta dal direttore generale Stefano Franchi basata sul principio che occorre prima creare ricchezza, per poi distribuirla, che ci vorrà tempo, che col dialogo si potrà trovare una ricomposizione tra le parti.
Federmeccanica proprio dopo l’ennesima tornata di scioperi dovrebbe avere ormai chiaro che non si possono convincere i sindacati metalmeccanici facendo trascorrere altro tempo, come se li si volesse prendere per stanchezza. L’enunciazione di principi astratti che cozzano col cuore del problema contrattuale non può rappresentare la mediazione possibile. Occorre agire sulla sostanza del divario, che così come si presentano le cose, appare ancora incolmabile.
Questa percezione risulta ancor più rafforzata dall’intervista rilasciata da Fabio Storchi, presidente di Federmeccanica, a Rita Querzè del Corriere della Sera. Il leader degli imprenditori metalmeccanici ha di nuovo parlato di salari di garanzia, di produttività distribuita in azienda, di formazione, di sanità integrativa e previdenza complementare. Tanti buoni titoli accompagnati anche stavolta da apertura al dialogo e da una paternalistica pazienza. Sotto quei titoli, però, abbiamo accertato una realtà diversa.
I sindacati metalmeccanici affermano che il Ccnl debba continuare ad essere lo strumento per tutelare il potere d’acquisto dei salari e restituire ai lavoratori l’inflazione registrata proprio contro Federmeccanica ed Assistal che vogliono palesemente modificare ruolo e funzioni della contrattazione nazionale. Inoltre, dal punto di vista salariale il modello proposto dalle controparti bloccherebbe l’aumento delle retribuzioni per vent’anni al 95% della platea degli addetti metalmeccanici. Una cosa improponibile!
Insomma, la controparte si ostina a voler realizzare una riforma contrattuale in categoria, quandoile confederazioni sindacali ed imprenditoriali hanno pubblicamente manifestato la volontà di incontrarsi per condividere insieme il percorso da intraprendere al riguardo. Oggi in tre grandi piazze del Meridione d’Italia ripeteremo l’esperienza consolidata attuata ad aprile, maggio e giugno in tutta Italia: una risposta democratica e determinata alla piattaforma incongrua politicamente ed ingiusta strutturalmente tuttora in campo da parte di Federmeccanica ed Assistal.
I contratti vanno rinnovati in Italia a partire da quello dei metalmeccanici, perché il Paese ha bisogno di salari che crescono, di consumi che salgano, di investimenti pubblici e privati diretti alla manifattura, di sviluppo ed innovazione da parte delle imprese. Il sindacato finora ha contribuito con senso di responsabilità e di consapevolezza a favorire la ripresa in Italia. Fare il contratto significherebbe proprio centrare questo obiettivo. Non si può far perdere tempo a tale prospettiva. Noi continuiamo a sostenere le nostre ragioni, a testa alta e con la schiena diritta. Gli imprenditori dovranno rivedere le posizioni finora assunte. Solo così si riuscirà a fare un buon contratto.