Gentile direttore,
ho letto solo ieri sera dopo una giornata dedicata ai corpi intermedi e, poi, alle strategie del comitato popolare per il No alla riforma costituzionale, l’interessante e puntuale articolo di Stefano Cingolani che riferiva sulla pregevole iniziativa della fondazione Formiche e dell’Acri sul ruolo delle Fondazioni bancarie. È un tema che ho seguito e continuo a seguire. Cingolani scrive, rispetto a quanto affermato da Guzzetti… ” E di nuovo senza far nomi, ha condannato quelle che si sono svenate con investimenti sbagliati e con una esposizione eccessiva nella banca di riferimento anche se la legge prevede che non si possa concentrare in un solo investimento più del 30 per cento del proprio patrimonio. Il bersaglio, come è evidente, è il Monte dei Paschi di Siena“.
Nelle ricostruzioni è bene affidarsi al metodo Chabod. La storia economica e parlamentare ci danno una lettura diversa di ciò che è stato, di ciò che non è stato fatto e di ciò che è stato omesso, di chi ha agito in un senso o in quello opposto. Potrei portare fatti e testimonianze. Potrei ricostruire passo per passo la dinamica della legge Ciampi sul citato limite al 30 per cento, sull’intervento in linea con quella disposizione che svolsi come relatore alla legge 262 del 2005 relativa alla tutela del risparmio, introdotto con una spaccatura tra la sinistra, la successiva repentina cancellazione di quel limite con il Governo Prodi nel 2006, con una procedura parlamentare alquanto discutibile, fino alla situazione attuale che ha riportato al sostanziale rispetto di quelle indicazioni per evitare concentrazioni di rischio.
Ma ormai molta acqua è passata, molti danni sono stati fatti, molta ricchezza è stata distrutta. Tutti gli amici di Siena sembrano scomparsi o silenti. Ci sono responsabilitá certo personali, politiche, e anche morali, di chi aveva ruoli e non ha levato la propria voce per tempo, non ha richiamato i rischi che si correvano. Mi preme solo difendere la verità. Non basta fare affermazioni ora come se tutto fosse avvenuto per caso. Che cosa è stato fatto e detto allora? Qual è stato il ruolo della Associazione delle Fondazioni in quella vicenda che vedeva in prima linea una Fondazione associata? È stata svolta moral suasion? Questi sono interrogativi che non possiamo non porci in assoluta libertà.
Posso confessarle caro direttore che in occasione della commemorazione di Nino Andreatta a Montecitorio, dissi personalmente, con grande amarezza a Giuseppe Guzzetti ciò che sarebbe successo al MPS per non avere aperto al capitale. Ciò forse avrebbe portato a scelte più oculate e soprattutto a maggiori controlli interni.
Così come sottolineavo in passato il ruolo dannoso delle “foresta partecipata” delle fondazioni bancarie, così come non ho mancato di richiamare lo squilibrio del ruolo e della presenza delle Fondazioni tra Nord e Sud soprattutto dopo il consolidamento del sistema in una evoluzione del ” fare banca” che supera il concetto di spazio e di territorio, annullato dalle reti tecnologiche, e dunque tra la tradizionale forma di raccolta e di impieghi e dai risultati che determinano le erogazioni sul territorio, oggi dovremmo interrogarci sulla obsolescenza dei vincoli nei S ettori di intervento, sulla prevalenza di scelte rispetto a nuovi bisogni così come sulle partecipazioni produttive e sui salvataggi che possono diventare nuovi fattori di rischio.
Sarebbe bene allora parlare oggi prima di registrare insuccessi futuri.
Grato per l’attenzione
Maurizio Eufemi
Senatore nella XIV e XV legislatura
Relatore in Senato sulla legge 262