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Omicidio stradale: legge giusta o bullismo legislativo?

La legge sull’omicidio stradale, entrata in vigore pochi giorni fa, rischia di creare molti più danni di quanti riuscirà a evitarne. È il classico esempio di bullismo legislativo che causerà centinaia, forse migliaia di tragedie familiari, prima di essere dichiarata incostituzionale o di essere riformata in senso meno celodurista.

Ogni giorno in Italia avvengono circa 50 incidenti con feriti gravi e in un caso su 5 ci scappa il morto (numeri in lenta e costante diminuzione, tanto che i decessi di una quindicina di anni fa erano il doppio di quelli attuali). Ma non sempre tali incidenti sono la conseguenza di una grave imprudenza o di una guida alterata da alcol o droghe. Fatalità, distrazione, imperizia, a volte è lo stesso comportamento del danneggiato a essere causa principale del danno. La pioggia, il gelo, la neve sono all’origine di incidenti anche gravi, così come un malore improvviso e imprevedibile di chi guida. L’uomo non è un macchina perfetta, e non lo diventa nemmeno con un approccio terroristico: chi non ha mai dovuto guidare in preda a uno stato d’ansia o di depressione (magari più che giustificato) o sotto l’effetto di una pasticca contro il mal di denti o il mal di testa (che potrebbe dare esito positivo a un esame antidoping)?

Ci sono pedoni che attraversano la strada con l’occhio fisso allo smartphone, senza nemmeno guardare se l’auto che sta arrivando può fermarsi in tempo. Oppure ciclisti che improvvisamente scartano a sinistra per evitare una buca o un tombino: anche in questi casi l’automobilista o il motociclista investitore, saranno rovinati. Dovranno affrontare un processo penale che, a seconda della gravità del danno, o della presenza di circostanze aggravanti, può concludersi con la condanna a diversi anni di carcere. Ma probabilmente non vedranno più la patente per molti anni. Questa infatti sarà prima sospesa dal prefetto in attesa di accertare le responsabilità. Poi potrà essere revocata per altri 5, 10, 15 anni. Danni collaterali enormi, efficacia dubbia: meglio sarebbe stato prevedere l’obbligo di uno strumento che limita la velocità. Si sarebbero risparmiati drammi quando l’auto è necessaria per lavorare, per portare la vecchia madre in ospedale o per portare i figli a scuola. Ma la vendetta sociale dà più soddisfazione.



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