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Papa Francesco e la Brexit creativa

Il dialogo con i giornalisti di Papa Francesco al rientro dal viaggio in Armenia è stato, al solito, dirompente. In questa circostanza, più che mai, il Santo Padre ha trovato l’occasione propizia per aggiungere un tassello importante al suo magistero, dopo che nelle ore precedenti il genocidio da lui denunciato del popolo armeno aveva già determinato dure reazioni da parte della Turchia.

Bergoglio è intervenuto in modo pacato e fermo, questa volta con uno sguardo a trecentosessanta gradi: dalla questione dei gay, cui la Chiesa chiede scusa, alla denuncia della violenza sulle donne, per finire a Martin Lutero riabilitato come figura moralizzatrice della Chiesa, perlomeno nelle intenzioni, innanzi alla corruzione del clero di allora.

Il tema più rilevante, tuttavia, e non è difficile comprendere perché, ha riguardato la Brexit. Chi si aspettava un Francesco critico della scelta anti europea della Gran Bretagna, anche per bilanciare dichiarazioni fatte in senso contrario nei giorni scorsi, è rimasto sicuramente deluso.

Il Papa, seguendo quella coerenza che lo contraddistingue, ha esortato a prendere atto di una volontà precisa, rivelatasi nel Regno Unito con il voto di giovedì scorso, che non è per nulla da giudicarsi come estemporanea e passeggera. Una certa idea di Europa è diventata impopolare non a causa di tendenze populiste, le quali semmai sono un effetto, ma in ragione di una particolare forma organizzativa che l’Unione Europea ha assunto in questi anni la quale si è rivelata troppo rigida e burocratica per rispondere alle esigenze autentiche dei cittadini. L’unità monetaria e istituzionale ha fatto esplodere le libertà dei popoli che si sentono oggi schiacciati da una gabbia rigida, distante e fossilizzata.

D’altronde, ha proseguito il Papa, gli scottanti problemi della disoccupazione, la crisi demografica ed economica non hanno trovato politiche europee in grado di migliorare la situazione generale: “forse occorre pensare a una nuova forma di unione, più libera – è stato il monito del Pontefice – anche se non bisogna buttare via il bambino con l’acqua sporca”.

Comprendere questa disunione, dunque, senza anatemi, e al contempo tentare di rilanciare l’Europa su di un’altra base, tenendo conto delle esigenze reali dei popoli e delle soluzioni che la gente si attende, è la strada tracciata da papa Francesco.

Le parole d’ordine di Bergoglio sono due: creatività e fecondità. Creatività per escogitare e inventare nuove soluzioni, fecondità per garantire progresso e sviluppo.
Questo importante ragionamento accende i fari sulle grandi masse invisibili, interne ed esterne all’Unione, che restano ai margini di politiche indifferenti ai veri bisogni umani delle persone. Un discorso che fa tornare in mente quanto diceva l’abate Sieyès dopo la rivoluzione francese a proposito dei poveri: “Che cos’è il Terzo Stato? Tutto, ma un tutto ostacolato e oppresso. Niente può andare avanti senza di lui, tutto andrebbe infinitamente meglio senza gli altri”.

Una conclusione quella di allora che può valere benissimo anche oggi per le nazioni europee. Esse sono infatti un nuovo Terzo Stato il quale, essendo tutto e non contando niente, vorrebbe almeno essere qualcosa nel proprio continente.

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