Proseguono senza sosta le vicissitudini del fondo Atlante, nato alla fine di aprile per affrontare i due principali rischi del settore bancario: coprire gli aumenti di capitale più incerti ma soprattutto comprare i prestiti in sofferenza in modo da non creare buchi nei bilanci.
L’INGHIPPO DELLE BANCHE VENETE
Ma per ora il fondo gestito dalla Quaestio sgr guidata da Alessandro Penati continua e restare “intrappolato” nella prima missione, di fatto senza assolvere la seconda funzione, che pure sta particolarmente a cuore al patron di Fondazione Cariplo, Giuseppe Guzzetti, grande “manovratore” e regista dello stesso Atlante. Tutta colpa delle enormi difficoltà dei due istituti del Nord est, Popolare di Vicenza e Veneto Banca. E così, il 22 giugno, vale a dire la giornata in cui indiscrezioni di stampa riferiscono che Atlante ha avviato il processo di vendita del primo istituto di credito, dalla Banca centrale europea arriva il via libera all’ingresso nel secondo. Per comprendere meglio la situazione, bisogna ricordare che, dato l’insuccesso del recente aumento di capitale da 1,5 miliardi, necessario a scongiurare un salvataggio con le nuove regole del bail-in, il fondo guidato da Penati si è comprato la Popolare di Vicenza, salendone oltre il 99% del capitale. E ora il copione sta per ripetersi con l’istituto territorialmente vicino Veneto Banca, alle prese con una ricapitalizzazione da 1 miliardo di fatto andata deserta. Il 24 giugno, infatti, tra l’altro giorno della Brexit, sono stati annunciati i risultati definitivi dell’offerta, che a livello istituzionale è stata sottoscritta soltanto da un solo investitore con lo 0,01 per cento. I soci preesistenti, invece, verrebbero a detenere complessivamente dopo la ricapitalizzazione il 3,43% dell’istituto di Montebelluna, di cui il 2,2% grazie alla sottoscrizione dell’offerta in opzione e l’1,23% grazie alle azioni già detenute. Anche in questo caso, si aprirà il paracadute di Atlante, che, al termine dell’operazione, dovrebbe detenere tra il 96,56% e il 98,76% di Veneto Banca. Anche in questo caso, così come per la Popolare di Vicenza, è saltata la quotazione in Borsa.
IL MISTERO DELLA CESSIONE DELLA VICENZA
E veniamo alla Popolare di Vicenza, l’altro grande istituto del Nord est in forti difficoltà. Secondo quanto riferito il 22 giugno dal Sole 24 ore, “Atlante starebbe mettendo in atto un processo di vendita. Secondo fonti finanziarie, il fondo gestito da Quaestio sgr starebbe prendendo in considerazione la rimozione di crediti inesigibili dal bilancio dell’istituto vicentino, per aumentare la stabilità finanziaria della banca e, d’intesa con la banca d’investimento Rothschild, si starebbe lavorando per sondare la propensione degli investitori ad acquistare l’azienda ripulita. A questo scopo si starebbe inviando materiale riservato ai potenziali offerenti, per chiudere la partita entro poche settimane”. Va detto non soltanto che Atlante ha smentito le indiscrezioni, ma che qualcuno (come Fabio Bolognini su Twitter) ha immediatamente fatto notare che dal momento che il fondo guidato da Penati è appena entrato nel capitale della Popolare di Vicenza, probabilmente avrà bisogno di un po’ di tempo per sistemare la situazione (di fatto risanare la banca) e alzare il prezzo delle azioni in modo tale da realizzare una plusvalenza uscendo.
Tuttavia, aggiunge il Sole 24 ore del 22 giugno, “l’identificazione di un acquirente è operazione ardua, soprattutto all’indomani delle perquisizioni della Guardia di Finanza che ieri hanno coinvolto la sede centrale della Popolare di Vicenza, nell’ambito delle indagini avviate lo scorso settembre dalla Procura di Vicenza. Ma Atlante è sotto pressione per muoversi rapidamente in una vendita: ha bisogno di liberare capitale se vuole mantenere il suo impegno per contribuire a stabilizzare il sistema bancario in Italia”.
DISATTESA LA VERA MISSION DI ATLANTE
E qui il quotidiano di Confindustria tocca un nervo scoperto: il fatto che, dovendo coprire gli aumenti delle banche venete, Atlante non si sia ancora potuto occupare della sua principale missione. Quella cioè di comprare i crediti in sofferenza in pancia agli istituti di credito a un prezzo maggiore rispetto a quello, molto basso, offerto dal mercato. Per assolvere questa funzione, però, ci sono alcuni ostacoli da superare. Innanzi tutto, la dotazione di risorse di Atlante, che era di 4,2 miliardi e che per oltre 2 miliardi appare ormai destinata alle ricapitalizzazioni delle due banche venete. E’ evidente che le risorse non bastano per comprare le sofferenze del sistema (il cui valore netto supera gli 80 miliardi di euro). L’altro nodo riguarda il precedente creato con l’ingresso di Atlante negli stessi istituti veneti, che fa pensare che il medesimo schema si possa applicare ad altri analoghi casi di banche in difficoltà, senza riuscire così a comprare i crediti in sofferenza. In questo contesto, è appena arrivato un piccolo segnale di fiducia per il settore bancario italiano: si è concluso con successo, e in particolare con sottoscrizioni del 99,4% per 990 milioni, l’aumento di capitale da 1 miliardo del Banco Popolare, finalizzato però non al salvataggio del gruppo ma a mettere i conti in sicurezza in vista del matrimonio con Bpm.