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Vi spiego che cosa una parte della sinistra europea non ha visto in Venezuela

Omero Ciai_Foto Francesca Leonardi

Un nuovo spiraglio si apre in Venezuela. In settimana l’Organizzazione di Stati Americani (Osa) ha convocato una riunione straordinaria del Comitato permanente, fissata tra il 10 e il 20 giugno, per affrontare la crisi venezuelana ed, eventualmente, attivare la Carta democratica. Il presidente dell’Osa, Luis Almagro, ha denunciato “continue violazioni della Costituzione” da parte del governo di Nicolás Maduro. Questa sarebbe la prima volta che l’Osa discute una richiesta simile. La Carta democratica è uno strumento giuridico attraverso il quale l’Osa può stabilire l’alterazione dell’ordine democratico e, di conseguenza, discutere la permanenza di Paese all’interno dell’organizzazione.

EMERGENZA UMANITARIA

Forse, però, quest’azione formale non basta per sanare la crisi, poiché il Venezuela ha bisogno di un intervento fondato su aiuti umanitari. Secondo Omero Ciai, inviato di Repubblica in America latina, molte persone in Venezuela stanno morendo di fame, non hanno medicine e rischiano di non sopravvivere alla crisi economica che colpisce il Paese da quando il prezzo del petrolio è crollato. In un’intervista con Formiche.net, Ciai dice che “il Venezuela è un Paese che ha bisogno di aiuti. Rischia di collassare, con bambini denutriti, gente che muore negli ospedali. È un Paese regredito, non al ‘900 ma all’800″. L’ultima volta che Ciai è andato in Venezuela è stato in occasione delle elezioni legislative del 6 dicembre del 2015, quando l’opposizione venezuelana ha stravinto, privando il governo di Maduro della maggioranza parlamentare. D’allora tutto è peggiorato.

MODELLO ECONOMICO FALLIMENTARE

Allora gli indizi per capire che la situazione sarebbe precipitata c’erano, eccome. “Era tutto prevedibili – racconta Ciai –.  Ricordo di avere scritto un articolo, tre anni fa, quando Hugo Chávez era ancora vivo, sull’impraticabilità del modello economico imposto dal governo, basato interamente sui profitti derivanti dal petrolio. Si capiva che tutto quanto avrebbe portato al default”. Tale modello non era altro che l’espressione massima di un desiderio egemonico nutrito dal Venezuela, come dal resto dell’America latina.

PRODUZIONE INTERNA SCOMPARSA

Nella compagnia petrolifera statale Pdvsa “la situazione è peggiorata, perché si sono perse le capacità di estrazione. Nel 2002 Chávez ha licenziato molti tecnici e altri se ne sono andati a lavorare in altri Paesi, privando, così, l’azienda di un know-how significativo. Da lì la produzione è diminuita”, ricorda Ciai. Il modello economico populista, nel quale lo Stato si indebita per dare sussidi e aiuti, come accade in Venezuela, ma anche in Brasile e in Argentina, non regge a lungo termine e pesa sui bilanci pubblici. Secondo il giornalista di Repubblica il caso venezuelano è ancora più drammatico, perché in 18 anni il chavismo ha completamente distrutto la produzione interna del Paese.

LE COLPE DELLA SINISTRA

Il modello adottato in Venezuela, sebbene prevedibilmente fallimentare, è stato celebrato da molti esponenti della sinistra latinoamericana ed europea. “La sinistra in America latina – precisa Ciai – ha una gravissima responsabilità per quello che sta succedendo in Venezuela. Negli ultimi 10 anni, i leader latinoamericani al potere sono stati complici di quello che sta succedendo in Venezuela. I segnali del carattere anti-democratico del governo di Chávez c’erano già: la chiusura delle radio e tv non allineate al regime, la persecuzione giudiziaria degli esponenti dell’opposizione. Questa crisi non è iniziata oggi, ma molto prima”. Ciai sostiene che l’unico ad aver avuto il coraggio di ammettere le proprie colpe è stato Luis Almagro, ex ministro degli Affari esteri dell’Uruguay nel governo di José “Pepe” Mujica. In passato Almagro aveva sostenuto il progetto politico socialista di Chávez, ma oggi, mettendoci la faccia, appoggia il ricorso alla Carta democratica all’Osa.

IL TIFO DALL’ITALIA

Di una parte della sinistra europea, invece, Ciai pensa che questa abbia avuto “uno sguardo miope, come accade sempre verso l’America latina. Era evidente che Chávez non era altro che l’ennesimo caudillo che usava la povertà del Paese per restare al governo. Con una politica economica folle ha consolidato il suo potere. In Francia, Spagna, Regno Unito e Italia il fenomeno è stato trattato con molta superficialità. Ad esempio, la sinistra radicale italiana e Pablo Iglesias in Spagna, che non solo hanno appoggiato Chávez, ma hanno anche ricevuto dal Venezuela finanziamenti per fondare Podemos. Ora questi leader della sinistra che sono andati in Venezuela a omaggiare Chávez a Caracas scappano, stanno zitti o fanno finta di non averlo mai sostenuto. C’è stata una gravissima sottovalutazione, mista a superficialità”.

Per Ciai, in Venezuela il problema è di carattere strutturale, perché legato intrinsecamente alla gestione della cosa pubblica; un metodo che si è restii ad abbandonare. Se il governo di Maduro potrà continuare a contare sul sostegno dei vertici militari, e la comunità internazionale resterà in silenzio, poco o nulla cambierà.

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