Quelli che scrissero la Costituzione erano sicuri che si dovesse cambiare. È utile leggere a questo riguardo alcuni brani, tratti da un discorso fatto da Meuccio Ruini, il Presidente della commissione che scrisse la Costituzione, all’Assemblea Costituente, e dall’intervento di Piero Calamandrei nel dibattito aperto da Ruini.
Ruini disse che è un testo che “si verrà completando e adattando alle esigenze dell’esperienza storica. […] Abbiamo consentito un processo di revisione, che richiede meditata riflessione, ma che nulla cristallizza in una statica immobilità. Vi è modo di modificare e di correggere con sufficiente libertà di movimento. E così avverrà. La costituzione sarà gradualmente perfezionata; e resterà la base definitiva della vita costituzionale italiana. Noi stessi – e i nostri figli – rimedieremo alle lacune e ai difetti, che esistono, e sono inevitabili. […] Difetti ve ne sono; vi sono lacune e più ancora esuberanze; vi sono incertezze in dati punti; […] Noi, prima di tutti, ne riconosciamo le imperfezioni”.
Un altro padre della Costituzione, Calamandrei, osservò: “Indubbiamente, nel progetto di Costituzione vi è una parte positiva. Ma è inutile che io vi parli di essa. […] Vi è però la parte negativa, quella in cui i partiti non sono riusciti a trovarsi d’accordo con sincerità nella sostanza: ed è questa la parte che secondo me pecca di genericità, di oscurità, di sottintesi”. E concluse: “Noi avevamo sostenuto durante la discussione alla seconda sottocommissione (in verità però senza insistervi molto, perché ci trovammo subito isolati), qualche cosa che somigliasse ad una repubblica presidenziale o perlomeno a un governo presidenziale, in cui si riuscisse, con appositi espedienti costituzionali, a rendere più stabili e più durature le coalizioni, fondandole sull’approvazione di un programma particolareggiato sul quale possono lealmente accordarsi in anticipo i vari partiti coalizzati. Ma di questo, che è il fondamentale problema della democrazia, cioè il problema della stabilità del governo, nel progetto non c’è quasi nulla”.
Questa è l’opinione di due degli autori principali della Costituzione. Quindi non solo si può, ma si deve modificare la Costituzione perché così era scritto nel suo codice genetico.
Prima parte dello studio “Cinque domande sulla riforma della Costituzione” a cura del giudice emerito della Corte costituzionale Sabino Cassese e pubblicato da Assonime (Associazione fra le Società Italiane per Azioni) (qui il pdf completo)