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Che cosa si dice e si agita tra i grandi studi legali

Meglio camminare con le proprie gambe ma col rischio di soccombere a chi ha le spalle più grosse oppure cercarsi capitali freschi e soci forti, cambiando però la natura del proprio studio legale, trasformandolo magari  in una sorta di società? Non una domanda banale quella che si sono posti ieri, in una sala dell’hotel Parco dei Principi di Roma, alcuni tra gli avvocati più esperti e in vista in Italia, unitamente ai rappresentanti della Cassa di previdenza degli avvocati e del Consiglio Nazionale Forense, nell’ambito di un convegno promosso dai prestigiosi studi Chiomenti, Gianni-Origoni Grippo e Bonelli-Erede. Tutti, comunque, più o meno convinti di una cosa. Per competere nel mondo globalizzato bisogna investire nella formazione, nelle tecnologie ma soprattutto nell’internazionalizzazione. Il che ha ovviamente un costo. Qualcuno ce la fa per conto proprio, con proprie risorse. Qualcun altro no e dunque costretto (anche dalla crisi che ha colpito gli studi, a cominciare dai clienti che pagano meno) a mettere in conto l’ingresso di qualche imprenditore nello studio, in veste di socio.  Ma non è così facile.

IL “RITARDO” DEGLI AVVOCATI ITALIANI 

Il punto di partenza è che l’Avvocatura italiana sembra mal sopportare il modello di studio legale in voga all’estero. Lo dimostra tra le altre cose l’esiguo numero di studi legali “formato società” presenti, cioè quelli con un ristretto pool di soci che possono disporre di decine di professionisti specializzati nelle più diverse materie. Una sorta di ammissione è arrivata dallo stesso presidente del Consiglio Nazionale Forense, Andrea Mascherin. “L’Avvocatura italiana non è pronta a un ingresso di società di capitali. La legge in Italia garantisce l’autonomia e l’indipendenza dei professionisti, quindi la vera sfida è come evitare che l’imprenditore socio che entra con i suoi capitali condizioni il lavoro dello studio”, ha spiegato Mascherin. Il timore del Consiglio Nazionale è che se da una parte nuovi capitali rappresentano risorse necessari agli studi più piccoli, dall’altra questo rappresenti una pericolosa ingerenza nel lavoro dell’avvocato. Per questo, ha spiegato Mascherin, “tale percorso dovrà essere seguito molto bene, anche attraverso un dialogo che abbiamo avviato con il ministro della Giustizia, che ci ha già dato la sua disponibilità all’apertura di un tavolo sugli investimenti terzi negli studi legali”.

LA SPONDA DI ORLANDO AGLI STUDI-SOCIETA’

L’idea di un sempre maggiore ricorso ad investimenti terzi negli studi legali ha poi trovato una sponda nel ministro della Giustizia Andrea Orlando, intervenuto nel corso dell’incontro. Nelle sue considerazioni il Guardasigilli ha sottolineato l’esigenza di “accostarsi sempre di più all’idea  di società che sostengono e aiutano la professione forense “. D’altronde, ha fatto notare il responsabile della Giustizia, “investire in formazione e internazionalizzazione costa e uno studio non può fermarsi per questo, ma può puntare a soggetti esterni. Oggi la vera sfida è fare i conti con la realtà. Quasi tutte le grandi operazioni hanno un’origine internazionale e questo impone agli studi di internazionalizzarsi e anche specializzarsi. E anche per questo l’ingresso di società è una soluzione”.

COSA DICONO I GRANDI STUDI

Le necessità fin qui elencate, formazione, internazionalizzazione e apertura a partner “industriali” è stata condivisa anche da due big del foro, come Francesco Gianni, dello studio Gianni-Origoni-Grippo, e Alberto Saravalle, di Bonelli-Erede. Entrambi esempio di studi “aziendali”, con decine di professionisti. Per il primo “oggi più che mai bisogna puntare sulla formazione dei giovani talenti che decidono di puntare a questa professione. E purtroppo mi pare che non sempre l’università sia all’altezza”. Per il secondo, che vede di buon occhio la possibilità per gli studi minori di ricorrere a investimenti terzi, “occorre puntare alla tecnologia, perchè non sempre gli studi hanno la dotazione di cui avrebbero bisogno, soprattutto in un contesto globalizzato”.


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