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Come si muove l’Eni in Egitto, Nigeria e Libia

Claudio Descalzi

Come ha confermato anche lo stesso amministratore delegato di Eni, Claudio Descalzi, in un’intervista al Financial Times, sul versante del giacimento di gas più grande scoperto negli ultimi tempi, quello di Zohr (nella zona economica esclusiva egiziana), le cose cominciano a muoversi, e la compagnia energetica nazionale, che ne è proprietaria al cento per cento, avrebbe ricevuto manifestazioni informali di interessamento per l’acquisto di quote del campo.

DOSSIER EGITTO

Una rapida vendita darebbe una spinta ad Eni, dimostrando agli investitori che l’obiettivo di cessioni per sette miliardi di euro entro il 2019 è realistico e riducendo l’esposizione in un progetto promettente ma che presenta rischi dal punto di vista geopolitico, ha detto Descalzi. Già, geopolitico, un fattore che, la volontà di trasformare il Cane a sei zampe in un ‘cacciatore di pozzi’ si rende da un lato sempre più determinante nelle scelte strategiche aziendali, dall’altro espone la compagnia all’instabilità presente su vari fronti. A partire dallo stesso Egitto, dove le tensioni legate alla morte di Giulio Regeni hanno innescato un meccanismo di rappresaglie economico-politiche (vedi la recente cancellazione, ad opera del parlamento italiano, delle forniture per gli F-16 egiziani) che potrebbero piombare anche sui lavori per lo sviluppo di Zohr.

COSA SUCCEDE IN NIGERIA E LIBIA

Eni, poi, è tornata ad essere sotto attacco in Nigeria dove ha dovuto ridurre la produzione a causa dei continui attacchi da parte delle bande armate che operano nelle zone del Delta del Niger. Ancora ieri miliziani armati hanno attaccato e interrotto i flussi dell’oleodotto nello stato di Bayelsa e, come confermato dal ministro del petrolio nigeriano alla Bbc, la Nigeria ha prodotto 300 mila barili di petrolio in meno al giorno dall’inizio dell’anno, a causa delle turbolenze indipendentiste. Anche in Libia la situazione non è delle migliori. Le sempre più insistenti richieste del governo orientale libico in termini di proventi dalle rendite energetiche – alla base dei tentativi di riunificazione della compagnia petrolifera nazionale, la Noc – rendono impossibile la composizione di un accordo definitivo tra le varie fazioni in campo.

LO SNODO DEL MEDITERRANEO

Per di più i terminal petroliferi di Ras Lanuf e Sidra sono ancora chiusi e a rischio di rappresaglie da parte delle bande vicine allo Stato Islamico, nonostante i tentativi delle guardie petrolifere libiche. Ecco perché lo stesso Descalzi ha virato le sue scelte esplorative su quadranti che si mostrano più stabili. A seguito dell’appeasement tra Israele e Turchia, l’area del bacino levantino del Mediterraneo è diventata lo snodo cruciale per la nascita di un nuovo hub energetico di cui Zohr è solo l’antipasto. Per questo motivo, la diplomazia di palazzo Mattei è sempre più attiva alla ricerca di un accordo economico comprensivo tra tutti i paesi dell’area per l’avvio di progetti comuni.

LA TAPPA A NICOSIA

Descalzi la settimana scorsa è volato a Nicosia per incontrare il presidente della repubblica di Cipro, Nicos Anastasiades, e riaprire la trattativa sullo sfruttamento del promettente giacimento di Afrodite, ma anche rispetto alla costituzione di una rete di rigassificatori capaci di intercettare la prossima produzione egiziana di gas (una volta che Zohr sarà implementato al cento per cento) e portarla in Europa, attraverso il corridoio energetico Sud. Il portavoce del governo cipriota ha salutato con soddisfazione l’interesse dimostrato da parte dei vertici di Eni e dell’israeliana Delek per continuare a lavorare nel quadro dei contratti che le due società hanno già intavolato per la prossima gara di esplorazione che si chiuderà il prossimo 22 luglio.

Si tratta, del resto, di sviluppi che potrebbero avere un impatto positivo su tutto il sistema Italia, basti pensare che Saipem, grazie ai lavori per far decollare il giacimento Zohr, ha già vinto una serie di gare per un valore pari a 1 miliardo e mezzo di euro.



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