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Ecco come Eni, Chevron ed Exxon scommettono sulla ripresa del petrolio

eni, zhor Claudio Descalzi

Prezzo del barile che cala e investimenti congelati nell’industria petrolifera? Sembra che sia arrivato il momento di rimettere i dollari in circolazione, come scrive il Wall Street Journal, ovvero di tornare a investire, segno che le aziende del settore cominciano a credere nella ripresa del prezzo del petrolio (sprofondato, come noto, da 115 dollari al barile a metà 2014 a 27 dollari a gennaio 2016).

CHEVRON E EXXON RIPARTONO IN KAZAKHSTAN 

E’ ancora presto per dire se la ripresa sarà duratura, ma intanto Chevron, Exxon Mobil e i loro partner hanno annunciato un investimento di 37 miliardi di dollari per ampliare il progetto petrolifero Tengiz in Kazakhstan, uno dei maggiori investimenti del settore fino a due anni fa, quando il crollo dei prezzi ha congelato le iniziative.

L’annuncio è stato dato anche dal ministro dell’energia kazakho Kanat Bozumbayev: l’investimento partirà dal 2017 e creerà 24.000 posti di lavoro nel paese. Bozumbayev ha riferito che il Ceo di Chevron John Watson si era recato di recente in Kazakhstan per discutere del progetto con i leader politici locali.

Chevron è il principale partner della società che gestisce il giacimento, la Tengizchevroil, di cui ha il 50%. Exxon Mobil ha una quota del 25%, la compagnia petrolifera di Stato del Kazakhstan Kazmunaigas ha il 20% e la Lukarco, controllata dalla russa Lukoil, ha il restante 5%.

L’output di Tengiz è attualmente di circa 500.000 barili al giorno. Chevron aveva intenzione di ampliare la produzione annuale a circa 760.000 barili al giorno entro il 2021, ma gli investimenti sono poi stati congelati per il crollo dei prezzi. Col nuovo progetto di espansione si dovrebbe arrivare a 850.000 barili entro il 2022.

BP a sua volta ha fatto ripartire un progetto di sviluppo in Egitto che vale 10 miliardi di dollari, dopo uno stop di tre anni; ora si prevede di cominciare a produrre nel 2017. Anche la nostra Eni sta spingendo sullo sviluppo in Egitto e Mozambico.

QUANTO CONTA INVESTIRE ORA

Investire ora per le grandi aziende dell’energia potrebbe comportare dei rischi (si tratta di scommettere sul fatto che la ripresa dei prezzi continuerà) ma ha anche un vantaggio: anche i costi delle perforazioni sono scesi. Pompe, valvole, piattaforme, servizi di ingegneria e costruzione, persino la forza lavoro costano meno oggi perché le aziende che forniscono materiali e servizi hanno molte meno commesse rispetto agli anni del boom e hanno abbassato a loro volta i prezzi.

Certo, c’è un altro rischio da tenere in considerazione: se i prezzi cominciano a salire, anche i produttori Usa di shale ricominceranno a investire; così l’output americano salirà e i prezzi torneranno a scendere. L’anno scorso si è verificata un’analoga fase di recupero del prezzo del petrolio, rapidamente svanita. E così dall’estate del 2014, da quando cioè i prezzi del petrolio hanno cominciato la loro lunga discesa, fino a marzo scorso le aziende del settore hanno cancellato progetti del valore complessivo di 270 miliardi di dollari, tra cui quelli molto costosi nell’Artico, svela Rystad Energy.

Infine, la Brexit aggiunge incertezza al quadro. Il voto con cui la Gran Bretagna ha scelto di uscire dall’Unione europea impatta tutti i mercati con effetti ancora da valutare per la domanda di petrolio e gli investimenti nel settore.

Al tempo stesso l’annuncio di Chevron che torna a lavorare a Tengiz rappresenta “una svolta”, secondo Jason Gammel, analista di Jefferies. Si tratta del primo investimento che vale più di 10 miliardi di dollari quest’anno. Tengiz è comunque uno dei progetti più redditizi degli ultimi 40 anni e Todd Levy, president for exploration and production in Europe, Eurasia and the Middle East di Chevron, ha sottolineato che questo è il momento perfetto per investire.

LA PRUDENZA DEI BIG DEL PETROLIO

Da inizio 2015, Chevron e le altre grandi aziende petrolifere hanno ridotto il loro budget di un quarto (un totale di 30 miliardi di dollari in meno) e tagliato in tutto 30.000 posti di lavoro per far fronte alla depressione dei prezzi. Gli investimenti si sono concentrati su poche, selezionate, opportunità, quelle capaci di garantire output per diversi anni e redditività anche con un prezzo di 50 dollari al barile. Per le aziende petrolifere occidentali questi pochi siti profittevoli si trovano nel Golfo del Messico, in Norvegia, Egitto e Ghana: i quattro progetti su cui si è investito l’anno scorso.

Chevron, per esempio, ha calcolato che farà investimenti di capitale tra i 17 miliardi e 22 miliardi di dollari nei prossimi anni, contro i 25-28 miliardi di quest’anno: l’esplorazione nelle regioni più ostili si ferma o rallenta, mentre i progetti considerati remunerativi vanno avanti (pozzi offshore nel Golfo del Messico e quelli onshore in Texas e New Mexico).

Finora, nel 2016, le aziende dell’energia si sono avventurate in otto grossi progetti costosi, riferisce la Tudor Pickering Holt & Co, banca di investimenti di Houston specializzata nel settore energia, ma entro fine anno dovrebbero esserne approvati altri, tra cui Mad Dog II di BP (acque profonde nel Golfo del Messico, petrolio e gas) e il piano di sviluppo Coral di Eni nell’offshore del Mozambico (gas).

LO SHALE PIACE ANCORA

Anche lo shale Usa interessa a Exxon, Chevron, Royal Dutch Shell e BP. Si tratta di operazioni che richiedono meno investimento iniziale per avviare la produzione; al tempo stesso non offrono opportunità delle stesse dimensioni e durata dei grandi progetti tradizionali. Produttori di shale come Pioneer Natural Resources Inc. hanno cominciato ad aggiungere qualche piattaforma di trivellazione in più in previsione di un aumento dei prezzi a fine 2016. Hanno anche cominciato a utilizzare una serie di pozzi già scavati ma senza fracking: è un modo di produrre senza dover spendere troppo.

PREZZO STABILE FATTORE CHIAVE 

Quel che conta per le aziende petrolifere è che il prezzo del petrolio non solo salga, ma soprattutto sia stabile. Tengiz è profittevole anche con un prezzo a 50 dollari al barile, spiega Gammel. La prevedibilità e l’attenuamento delle incertezze saranno i fattori chiave e il mercato sembra ottimista sul fatto che i prezzi non scenderanno più sotto i 40 dollari al barile: Gammel e Marc Kofler di Jefferies dicono che le componenti macro del mercato dell’energia sono favorevoli; il prezzo del petrolio può salire ancora e le scorte si restringeranno già nel terzo trimestre.

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