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Ecco come la Russia di Putin fa la guerra cyber agli Usa. Parola di Clapper

Da Aspen, dove è in corso un forum internazionale sulla sicurezza, il capo della National Intelligence James Clapper ha dichiarato che dal punto di vista della cyber-intelligence gli Stati Uniti sono già in guerra con la Russia. Clapper ha sotto sottolineato come l’interferrenza nelle questioni di politica interna nei Paesi limitrofi è ormai diventata una prassi operativa di Mosca, e ha espresso preoccupazione sulla stabilità interna americana e per la fragilità delle istituzioni USA, chiedendo però di smetterla con “l’iperventilazione” sul caso egli attacchi hacker contro i sistemi informatici del Partito Democratico, per cui si sospetta un possibile coinvolgimento diretto dei servizi russi.

GLI ATTACCHI AI DEM

Alcuni computer che gestiscono un data-program per la campagna “Hillary 2016” sono stati violati da attacchi informatici. La notizia l’ha data in esclusiva la Reuters venerdì, e segue di pochi giorni le informazioni che erano state diffuse su un’azione analoga verso il Democratic Congressional Campaign Committee (DCCC), che tra le altre cose si occupa della raccolta fondi dei candidati democratici alla Camera, e quelli del Dnc, il Comitato democratico nazionale (ossia, il network del Partito Democratico americano).

FURTO DI DATI STRATEGICI?

Un funzionario ha spiegato all’agenzia stampa inglese che un gruppo di hacker ha avuto accesso al programma di analisi dei dati con cui i democratici studiano probabilmente i cosiddetti big data sugli elettori: non sono informazioni dirette (in precedenze gli attacchi s’erano spinti più in profondità, fino a riconoscere dati personali dei donatori), ma comunque molto importanti che riguardano l’elettorato e le strategie nelle scontro politico con i repubblicani; l’uso di questo genere di valori statistici, studiato dal manager della campagna di Barack Obama nel 2012, Jim Messina, si rivelò vincente, aprendo un quadro chiaro sugli interessi dei cittadini americani verso cui indirizzare le proprie policy.

L’INCHIESTA

Il dipartimento di Giustizia ha aperto un fascicolo e lo ha messo in mano al ramo “sicurezza nazionale”: è un indizio che anche l’amministrazione considera credibili le denunce dei dem, secondo cui, dalle analisi eseguite dalla società specializzata CrowStrike ingaggiata per ripulire i server colpiti, i loro sistemi sono stati messi sotto attacco cyber da parte di hacker russi collegati ai servizi di sicurezza del Cremlino. In particolare, in quest’ultimo caso, si tratta del gruppo conosciuto con il nome “Fancy Bear”, lo stesso che ha preso di mira i computer di altre agenzie governative americane e europee, e anche la televisione francese TV5. Fancy Bear pare sia collegato con i servizi russi del Gru, l’intelligence militare russa: questi link portano a qualcosa più di una collaborazione, simile a una dipendenza diretta.

LA “PAURA” POLITICA

Non è ben chiaro che tipo di dati gli hacker avrebbero sottratto durante l’ultima incursione, durata circa cinque giorni, ma quello che preoccupa Washington è che questo è il terzo attacco su obiettivi sensibili del Partito Democratico nel giro di sei settimane. E, inoltre, si verifca a poco più di tre mesi dal voto dell’8 novembre con cui si deciderà il nuovo presidente degli Stati Uniti. La paura ulteriore è che ad essere colpiti, prossimamente, possano essere i sistemi di voto elettronico con cui i cittadini sceglieranno tra Hillary Clinton e Donald Trump, in un’operazione – al limite del surreale – con cui la Russia attraverso azioni informatiche possa veicolare (anche tramite la disinformatia), o brogliare, le elezioni presidenziali americani; forse in favore di Trump, che per ragioni di collegamenti personali e visioni politiche finora annunciate, potrebbe essere il candidato favorito da Mosca (qualche giorno fa Trump durante una conferenza stampa da uno dei suoi campi da golf, in Florida, aveva chiesto alla Russia di recuperare e diffondere le 30mila mail che sono andate perdute nella vicenda dell’Emailgate che ha coinvolto Hillary, rea di aver usato un server personale per gestire informazioni riservate ai tempi in cui era segretario di Stato, salvo poi spiegare che si era trattato di una battuta sarcastica per smentire ogni collegamento tra lui e gli attacchi informatici russi).

LA POSIZIONE DI WASHINGTON

Per il momento il governo americano ha adottato una linea morbida sulla questione, affidando alle indagini dell’Fbi l’onere di raccogliere prove sul coinvolgimento russo. Il presidente Obama ha detto a Savannah Guthrie della NBC durante “Today” che “tutto è possibile” riferendosi alla possibilità che Mosca cerchi di influenzare le elezioni: “Quello che sappiamo è che i russi hanno hackerato i nostri sistemi”, ha detto, aggiungendo che “su base regolare cercano di influenzare le elezioni in Europa” e dunque, tutto è possibile. Ci sono in ballo dei rapporti delicatissimi tra i due paesi e una fase dialogante su una bozza di risoluzione politica per la crisi siriana, che ormai da anni è diventato il centro delle problematiche globali. Vladimir Putin negli anni ha alzato il livello della guerra ibrida e delle operazioni di trolling russe, arrivando a infilarsi nelle dinamiche interne di vari paesi perdestabilizzare i propri rivali con misure “invisibili e innegabili” ha scritto in un commento David Ignatius del Washington Post (il giornale che meno piace a Trump). Ignatius era inviato a Aspen.

 

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