Per l’emailgate, l’Fbi biasima Hillary Clinton, ma non ne sollecita l’incriminazione: la Clinton – dice il capo della polizia federale James Comey – ha dimostrato “estrema negligenza” utilizzando l’account di email privata quando era segretaria di Stato, ma non ci sono elementi per perseguirla. Lo scorso fine settimana, la candidata democratica alla Casa Bianca s’era volontariamente presentata all’Fbi ed era stata ascoltata per tre ore e mezza.
Comey, che annuncia la chiusura dell’indagine, dice che l’Fbi ha recuperato migliaia di email che non erano state consegnate dall’ex first lady; che in 110 messaggi ha trovato dati classificati, cui “attori ostili” avrebbero potuto avere accesso; ma che non ci sono prove che la Clinton intendesse violare la legge.
Immediata la reazione del candidato repubblicano Donald Trump, che aveva già dato per inevitabile l’incriminazione della rivale: “Il direttore dell’Fbi dice che Hillary la disonesta ha compromesso la sicurezza nazionale. Nessuna accusa. Wow! Sistema truccato”. In un secondo tweet, Trump rievoca la vicenda vagamente analoga del generale Petraeus: “Il sistema è truccato. Petraeus ebbe problemi per molto meno. Molto molto ingiusto! Come al solito, cattivo giudizio”.
Anche lo speaker della Camera Paul Ryan, l’esponente politico repubblicano di rango più alto, è intervenuto, sostenendo che l’annuncio dell’Fbi richiede una spiegazione. E prese di posizione critiche sono venute dai vertici del partito repubblicano.
Ma la Clinton contrattacca: “Trump ci mostri la sua dichiarazione dei redditi”, dice a Charlotte, North Carolina, uno degli Stati in bilico l’8 Novembre, nel primo comizio che fa avendo al suo fianco il presidente Barack Obama. Finora il magnate s’è rifiutato di pubblicare la dichiarazione, sostenendo che è in corso un accertamento e che comunque non è tenuto a diffonderla.
Tra Hillary e Obama, che volano da Washington a Charlotte insieme sull’AirForceOne, è tutto uno scambio di complimenti: “La mia stima per lui – dice lei, che ne elogia l’operato – cresce sempre di più: è uno statista che guida l’America e il Mondo con mano ferma”. E lui dice: “Sono qui perché credo in Hillary Clinton. La aiuterò ad essere eletta prossimo presidente degli Stati Uniti d’America […] Non c’è uomo o donna più qualificato di lei per questo incarico”. Nessun commento, da parte del presidente, sull’emailgate e sulla chiusura dell’inchiesta dell’Fbi.
Hillary fa un parallelo tra Obama e Trump: “Questo è un presidente che sa come tenerci al sicuro e forti. Paragonatelo a Trump: potete immaginarlo (Trump) nello Studio Ovale durante una crisi?”, afferma, ripetendo che lo showman è “inadatto e non qualificato” per la presidenza degli Stati Uniti.
Obama non cita mai il magnate, ma lo attacca su economia e immigrazione. In un lungo discorso, afferma: “Se votate per l’altra squadra, non è per via dell’economia […] Perfino i repubblicani non sanno di cosa il tipo parli”. E sull’immigrazione ricorda: “A meno che non siate nativi americani, qualcuno vi ha portato qui […] e non tutti avevano le carte in regola quando arrivarono”.
Elogiando Hillary, che gli fu rivale per la nomination nel 2008, Obama l’avvicina a Ginger Rogers, la ballerina partner di Fred Astaire, per l’abilità a danzare “con i tacchi” fra i dossier nei dibattiti.