Non bastano i problemi endogeni: non performing loan alle stelle, Mps sempre sul bilico del burrone, la Borsa che bastona i titoli ogni volta che un evento macro squassa il debole equilibrio costituito. A bastonare le banche italiane ci si mettono – e giustamente – anche le banche d’affari internazionali. L’ultima in ordine di tempo è stata Morgan Stanley, che se l’è presa con il Banco Popolare. Ma a gettare benzina sul fuoco di una situazione giù incandescente è stata soprattutto Goldman Sachs.
EFFETTO BREXIT
Dopo il referendum che ha decretato il Brexit “è aumentata la pressione sulle banche italiane – scrivono gli analisti della banca Usa – La stampa ha ipotizzato la necessità di nuovi aumenti di capitale, anche di profanazione governativa. Non è chiaro quale soluzione alla fine emergerà”. Ma Goldman Sachs prova lo stesso a fare un ragionamento sui numeri, avvertendo che “sebbene fortemente diluitivi queste ricapitalizzazioni non porterebbero i multipli a livelli strizzati. Questo vuol dire che potrebbe non esserci abbastanza capitale privato per risolvere il problema. Delle altre fonti, vediamo il bail-in come rischioso con ampi spazi per conseguenze non previste. Le banche grandi potrebbero riuscire a raccogliere capitale sul mercato, le banche più deboli necessitano invece di uno scudo”.
CARENZA DI QUASI 40 MILIARDI
La carenza di capitale potrebbe ammontare a 40 miliardi. “L’Italian Texas ratio delle banche italiane (il rapporto tra crediti deteriorati rispetto al totale, ndr) è tra i più alti in Europa – scrive Gs – il che rende il capitale delle banche altamente sensibile alle assunzioni sulle coperture. La nostra analisi fissa alcuni scenari teorici: per il caso avverso, assumiamo tassi di sconto coerenti con i prezzi attuali degli Npl e un Cet1 al 12%. Questo cristallizza una necessità di suppletivi 27 miliardi per le banche che copriamo (e che diventano 38 miliardi per l’intero sistema), che diventano 14 (o 21 miliardi per il sistema) se assumiamo valori a metà tra i prezzi di transazione attuali e i valori di book delle banche”.
Ma non per tutti è un disastro. Anzi, Unicredit, per esempio, ci guadagna soprattutto in vista delle prospettive che apre il nuovo management e per gli analisti Usa ha già una promozione da neutral a buy.
COME SI CALCOLA IL BUCO DI CAPITALE SECONDO GS
Vediamo come si arriva ai 38 miliardi di capitale. Goldman Sachs ha applicato nello scenario peggiore il livello di prezzo delle sofferenze pagato per le quattro toscane salvate lo scorso novembre, ovvero 21 centesimi di euro, contro il 41 centesimi del valore di libro delle banche sotto esame. Venti centesimi in meno che portano a una perdita netta di 18 miliardi. Il resto degli impieghi sono valutati invece 73 centesimi: effettuando lo stesso conto di 20 centesimi si arriva a un perdita di ulteriori 11 miliardi. Secondo Goldman alle banche italiane servirebbero 30 miliardi di accantonamenti, che equivalgono al 70% delle esposizioni non performing (Npe): in questo scenario tutte le banche analizzate vedrebbero il proprio Cet1 scendere sotto la soglia di guardia che Gs fissa al 12% e per ripianare il coefficiente patrimoniale avrebbero bisogno di 27 miliardi, 38 se la proporzione si riferisce all’intero sistema italiana e non solo all’universo esaminato dalla banca Usa.
ASSET PONDERATI PER IL RISCHIO -3,2%. CROLLA IL CET1
In media l’impatto sugli asset ponderati per il rischio sarebbe del 3,2% con il danno minore per Unicredit (-1,4%) e Intesa (-2,7%). Mentre a soffrire di più sarebbero Mps (-6,9%) e Banco Popolare e Bpm, entrambe con un taglio del 5,8% sugli asset ponderati per il rischio. Anche sul fronte del Cet1 la situazione è simile: Unicredit e Intesa più solide e le altre tre già citate più a rischio. Ciononostante per Gs sia Bpm sia Banco Popolare meritano un giudizio buy, insieme a Bper. Mentre Intesa viene messa con Mps e Ubi nel calderone dei neutral.
Unicredit è vista con molto favore dagli americani sia perché il nuovo Jean Pierre Mustier, ha dichiarato che vuole aumentare la capitalizzazione sia perché, anche se la banca è capace di raccogliere tra i 6,7 e i 9,6 miliardi sul mercato per portare il coefficiente patrimoniale al 12%, le valutazioni del titolo sono destinate a rimanesse basse. “Crediamo – scrivono i broker – che la valutazione sia interessante anche adesso e quindi alziamo il giudizio da neutral a buy. L’effetto diluitivi è già nei prezzi, prova ne sia che la banca è la seconda più a conto sul p/e 2017”. Il target price è fissato a 3,5 euro.