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Vi spiego il governo May in 5 punti

brexit

1. Theresa May ha formato un governo forte e rappresentativo di tutte le sensibilità Tories. Ha mantenuto una parte della vecchia squadra, ha affidato (com’era sacrosanto) tre incarichi chiave ai Leavers, e, nel suo discorso d’apertura, ha sì espresso preoccupazioni sociali (sul tema assai sentito della disuguaglianza, della giustizia sociale), ma lo ha fatto senza dimenticare gli insegnamenti thatcheriani: “Non dobbiamo regalare welfare – ha dettotestualmente – ma aiutare la gente ad aiutarsi. E non avremo una società migliore costruendo uno stato più invadente”. Di più: nel passaggio “sociale” del suo discorso, si è soffermata (cosa sfuggita ai nostri soloni del politically correct) sul declinante rendimento scolastico dei ragazzi bianchi provenienti da famiglie di lavoratori. Avete capito bene: “white working-class boys”. Così si recupera quel “conservatorismo dei colletti blu” che fu una parte significativa dell’elettorato thatcheriano.

2. Occorre anche comunicare a politici e giornalisti italiani che Boris Johnson è stato nominato Ministro degli Esteri. Per mesi, i nostri “esperti” al massimo si sono occupati dei suoi capelli (effettivamente, una specie di risposta britannica al parrucchiere di Trump). E soprattutto, lo hanno descritto come un fracassone, un estremista, un “suicide bomber”, un irrimediabile sconfitto… Hanno omesso di raccontare tutto quello che potevano omettere: il suo carisma, il fatto che (piaccia o no) è un politico popolare e di impatto, la sua cultura vasta e sofisticata (testimoniata dai nove libri che ha scritto, alcuni di qualità davvero notevole, dalla biografia di Churchill a una sua storia di Roma). E ora devono accettare l’idea che si trovi nel posto più importante del Gabinetto May.

3. Pare che la prima misura allo studio in Inghilterra sia l’abbassamento al 15% (avete capito bene: 15%) della tassazione sulle imprese, una cinquantina di punti sotto il “total tax rate” che grava su chi fa impresa in Italia. Secondo voi, chi attrarrà più imprese e investimenti?

4. In sostanza,l’Inghilterra appare lanciata verso un ruolo di “superhub” globale nel mondo e nell’economia multipolare di oggi. La scommessa rischia di riuscire alla grande. Hai un Paese già geopoliticamente fortissimo: quarta forza militare del mondo, membro-leader nella Nato e all’Onu. Hai un Paese che esce da una fase di crescita spettacolare: Pil a “+2 virgola”; in cinque anni più posti di lavoro creati in Uk che negli altri 27 Paesi Ue messi insieme; in Inghilterra 1000 posti di lavoro al giorno, e un tempo medio di 3 giorni di attesa per trovare lavoro… Con questa solidità, con una moneta forte propria, e con un’economia fortissima specie nel settore dei servizi, puoi naturaliter ritagliarti un ruolo autonomo, e un posizionamento che nessuno potrà ignorare, e che anzi porterà tutti i maggiori attori a ritenerti un partner commerciale imprescindibile.

5. Morale. Chi resta in crisi? Una Ue in cui il ruolo di Jean-Claude Juncker assomiglia sempre di più (accuse giudiziarie a parte: terreno non interessante per noigarantisti) a quello di Blatter nella Fifa di qualche mese fa…


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