L’allarme terrorismo preoccupa i cittadini, aumenta la tensione nei governanti e nelle forze dell’ordine, eccita i giornalisti. E’ tutto un rincorrersi di allarmi, di livelli di sicurezza e di forze speciali, citate non sempre a proposito e qualche volta da chi fatica a distinguere un carro armato da una nave. Il ripetersi di attacchi in Europa giustifica naturalmente una costante fotografia di com’è organizzata l’Italia sul fronte della prevenzione, ma questo costringe i ministri dell’Interno e della Difesa a ripetere cento volte le stesse cose: finora la prevenzione ha funzionato, la collaborazione tra Polizia, Carabinieri e intelligence va benissimo, aumentano le espulsioni dei sospetti (102 dal gennaio 2015, di cui 8 imam, cosa che all’estero non fanno), con l’inevitabile chiosa finale: “Però nessun Paese, e dunque neanche l’Italia, è a rischio zero”.
Dopo l’assalto alla chiesa di Saint Etienne du Rouvray e lo sgozzamento di padre Jacques Hamel, è stato sufficiente che un paio di quotidiani abbia riepilogato quello che si sta facendo in Italia a provocare un’alluvione di articoli-fotocopia, di servizi ai tg della sera realizzati copiando quei quotidiani senza citare la fonte (come avviene sempre più spesso), di trasmissioni nelle quali il nuovo mantra erano diventate le forze speciali dell’Esercito e della Marina pronte in caso di bisogno. Come se non si sapesse da novembre, come se dell’inserimento nel dispositivo antiterrorismo del 9° reggimento Col Moschin e degli incursori del Comsubin non fosse già stato scritto tutto, in particolare all’indomani degli attentati di Parigi. E con loro, si sa che il Gis dei Carabinieri è “competente” per il centro-nord e che il Nocs della Polizia per il centro-sud in caso di attentato; si dovrebbe sapere che la Polizia ha attive dall’anno scorso le Uopi, Unità operative di pronto intervento, e che i Carabinieri hanno ora le Api, Aliquote di pronto intervento, e le Sos, Squadre operative di supporto: pattuglie meglio addestrate e attrezzate pronte in decine di città italiane e definite dal capo della Polizia, Franco Gabrielli, “una via di mezzo tra le normali pattuglie e le forze speciali”, come ha spiegato Formiche.net. Riepilogare è un conto, spacciare per nuovo ciò che non lo è e copiando gli altri può creare confusione.
Qualcuno scrive anche che quelle relative all’impiego delle forze speciali sono “promesse mirabolanti”. Invece sono la realtà, precisi piani operativi, e non è corretto soprattutto per rispetto di chi ha scelto un mestiere così pericoloso. Che poi sul fronte della sicurezza si debba fare sempre meglio, a cominciare dall’incrementare i fondi per uomini e mezzi, è sicuro, ma su certi temi sarebbe meglio essere prudenti. Certo, quando si sente ripetere per l’ennesima volta che “è stato alzato il livello di allerta” il profano può pensare che quest’allerta abbia un migliaio di gradini anziché tre, e invece da novembre siamo sempre al numero due, cioè al livello precedente all’attacco in corso: elevare l’allerta significa piuttosto intensificare le migliaia di controlli che già si fanno e sarebbe opportuno spiegarlo. E poi succede che, preso dall’ansia da scoop, qualche cronista chieda al capo del Servizio centrale operativo, Renato Cortese, intento a spiegare l’arresto di 252 latitanti, che cosa non funziona nell’antiterrorismo in Francia: la risposta è stato un diplomatico dribbling.
La situazione è già complicata di suo, meglio evitare eccessi e limitarsi alle notizie. Possibilmente originali.