Quando gli economisti parlano di demografia, la maggior parte dei comuni mortali non riesce ad afferrare il senso delle loro preoccupazioni. Si va bene: l’Europa ed il Giappone sono società con un forte tasso di invecchiamento. Ma questa è una semplice constatazione. Ha forse qualche conseguenza sul nostro vivere quotidiano?
Gli ultimi attentati di Nizza, ma anche il fallito golpe in Turchia, altro non sono che il risvolto drammatico di un fenomeno che è esclusivamente statistico, solo in apparenza. Il dinamismo criminale del fondamentalismo islamico, non è solo conseguenza di una concezione che invita alla guerra di religione contro gli infedeli. Questi ingredienti sono stati sempre presenti nella storia dei rapporti tra il mondo arabo e l’Occidente. Dai tempi della Serenissima ai nostri giorni.
Cos’è cambiato da allora? La diversa densità demografica, tra i due mondi contrapposti. Unita al diffondersi di un processo tecnologico, che ha progressivamente ridotto le più antiche barriere. Certo: le distanze, a livello di Stato, rimangono, ma di fronte alle forme inedite assunte dal terrorismo, questi diverso potenziale si riduce notevolmente. A meno che l’Occidente non si ponga problemi analoghi a quelli, quotidianamente, affrontati dallo Stato di Israele.
Gerusalemme doveva essere la prima vittima di questo crescente dislivello. Poteva vincere le battaglie – come si diceva – ma alla fine avrebbe perso la guerra. Se questo finora non è avvenuto, si deve solo alla sforzo fatto per rispondere, in termini nuovi e non convenzionali, a questa drammatica sfida. Il salto di qualità che dovrebbe avvenire in Occidente, ma soprattutto in Europa.
Bisogna comprendere che oggi questa è la contraddizione principale. Non più destra, contro sinistra. Ma la difesa dei valori dell’Occidente di fronte alla marea montante di popoli, che hanno un tasso di incremento demografico di gran lunga superiore, e sono portatori di una cultura diversa dalla nostra. Una cultura che non tende all’inclusione, ma alla sopraffazione. Sia pure motivata da interpretazioni radicali e, quindi, non maggioritarie del credo religioso. Questa è la premessa, tutta politica, di una possibile reazione. Declinarla in modo coerente rappresenta il compito più difficile delle élite nazionali ed europee.