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Perché si parla già di modificare l’Italicum

italicum

Sembrerebbe che dalla maggioranza arrivi un’apertura alla minoranza di sinistra, e non solo, per ritoccare “chirurgicamente” come ha sostenuto qualcuno, l’Italicum. Ma perché si dovrebbe modificare una legge elettorale che entra in vigore in questi giorni, che non ha mai avuto applicazione e soprattutto che è passata con il voto di fiducia? Si torna dunque a parlare di ritocco dell’Italicum per due motivi fondamentali: uno politico ed un altro sistemico.

IL MOTIVO POLITICO

Quello politico è legato alla tornata elettorale delle amministrative del 2016, dove il dato seppur parziale e locale, ha messo in evidenza una sostanziale ascesa dei Cinque Stelle nei grandi centri (tradotto più popolosi e quindi con maggior numero di votanti). E un centrodestra che vede ridurre al lumicino il ruolo di quello che era il partito egemone dell’area, ovvero Forza Italia, ma che quando è unita mostra un sostanziale mantenimento dei voti, recuperando le amministrazioni in diversi capoluoghi. Ad uscire con le ossa rotte è stato il Partito Democratico, che in un periodo come quello a ridosso del referendum costituzionale, è schiacciato sulla posizione del Presidente del consiglio e segretario Renzi. I dati parlano chiaro, si allontana sempre più quella soglia del 40% di lista che porterebbe al premio di maggioranza e ad evitare il doppio turno. Ma soprattutto, si crea uno spettro in casa Pd di un recupero del centrodestra, dove in molti scommettono nella nascita di un nuovo soggetto politico in autunno, con i pentastellati in costante seppur leggera crescita. Questa situazione rischierebbe di vedere incredibilmente e verosimilmente i democratici all’angolo, lontani dalla sinistra extra partito e in lotta con la minoranza interna, e per di più con il rischio di ritrovarsi fuori dal turno di ballottaggio alla prima applicazione dell’Italicum.

IL MOTIVO SISTEMICO SISTEMICO

L’altro elemento arriva dalla Spagna, dove quello che gli esperti commentavano fino ad un paio d’anni fa come il sistema proporzionale capace di esprimere sempre una semplificazione partitica capace di individuare meccanicamente a chi affidare il governo del Paese è ormai diventato lo strumento considerato dell’ingovernabilità. Tutti accusano che quel sistema non funzioni. Quello che è accaduto in Spagna dovrebbe farci riflettere per l’ennesima volta sul fatto che in un sistema di partiti deboli e fluidi è impossibile ingabbiare questi soggetti politici all’interno di sistemi elettorali più o meno complessi con la speranza che sia il meccanismo elettorale a provocare semplificazione o stabilità. Questi possono indurla, ma nulla di più. In Spagna, prima esistevano due principali partiti (Popolari e Socialisti) che si contendevano i seggi delle piccole e contenute circoscrizioni, con i partiti territoriali e più piccoli con cui di solito si chiudevano accordi pre o post voto per ampliare la base della maggioranza. Ma a correre erano i partiti e non le coalizioni e questo funzionava. L’ingresso di Podemos nel sistema politico spagnolo ha sconvolto le carte, sancendo il passaggio verso un sistema a tutti gli effetti pluripolare.

Il sistema elettorale sembra non reggere un sistema di partiti diverso, producendo quella che viene considerata un’ingovernabilità; dimenticandosi che in un sistema parlamentare non sono i sistemi elettorali a costituire i governi, perché questi dovrebbero farsi in Parlamento. L’Italicum in questo rischia di essere simile, non nel risultato certificato dal secondo turno, ma nella dispersione partitica e nella conseguente frammentazione. Bisogna considerare che da noi la polarizzazione continua a sfaldarsi e il sistema continua, salvo casi eccezionali, a mostrare evolvere verso il pluripolarismo. Dopo tutto le elezioni vengono fatte per puntare alla vittoria, e quindi si torna a pensare alle coalizioni. Sarebbe un passo indietro da parte dell’esecutivo, ma forse un passo in avanti per il sistema politico italiano.

In fin dei conti, con il premio di maggioranza affidato alle coalizioni, il sistema somiglierebbe ancor di più a quello per l’elezione dei sindaci, che continua ad essere uno dei più apprezzati dai cittadini. Con il dettaglio, non trascurabile, che là si vota direttamente per il primo cittadino, mentre qui per il partito e i delegati in Parlamento.

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