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Ma la tratta di migranti dalla Libia si ferma avendo (almeno) un governo (vero)

Gli 87 corpi ritrovati sulla spiaggia e al largo di Sabrata sono la plastica raffigurazione dell’arrendevolezza della comunità internazionale sul caso libico. Prima di lanciare strali contro le organizzazioni criminali, che minacciano di far transitare dalla Libia sino alle coste italiane almeno 500 mila migranti, è imprescindibile lavorare per la stabilizzazione istituzionale del Paese, propedeutica a qualsiasi altra attività. In assenza di un governo unitario che sia unico interlocutore, certificato e autorevole, ogni altra mossa sarà solo il frutto di un procedere in ordine sparso. Con il rischio, esponenzialmente moltiplicato, che un effetto Siria accada anche in Libia.

In questo senso il meeting nella città di Sabrata, a cui hanno preso parte i capi tribù e le istituzioni locali per discutere dell’emergenza migranti, è da salutare con favore solo in un’ottica di generale ricomposizione che passi proprio dalle mani delle amministrazioni e delle singole tribù. Spetterà a loro, certamente con il sostegno dei paesi Ue e dell’intera macroarea democratica che si estende sino a Mosca, trovare la quadra ed esprimere idee e visioni.

I vicini di casa della Libia non godono certo di buona salute. Il golpe turco era ciò che Erdogan aspettava per cementare la sua dittatura. La Lega Araba è in fibrillazione, perché un gruppo terroristico sostenuto da un “paese straniero” avrebbe pianificato di uccidere il presidente egiziano al vertice della Lega stessa. A Tunisi in occasione del 59esimo anniversario dalla fondazione della Repubblica, il presidente della Tunisia, Beji Caid Essebsi, ha deciso di graziare 1600 detenuti.

Mentre una vasta operazione antiterrorismo è avvenuta vicino al monte Sammama, nel governatorato di Kasserine al confine fra Tunisia e Algeria, con l’obiettivo di stanare gruppi jihadisti che abitualmente stazionano lì.

Il nuovo inviato dell’Onu Martin Kobler ha l’ingrato compito di non far rimpiangere il nulla prodotto dal suo predecessore. Difficile mancare l’obiettivo, ma il rischio è proprio quello di un rilassamento in vista dell’obiettivo minimo, quando invece occorrerebbe puntare davvero all’obiettivo più grosso: stabilizzare la Libia, neutralizzare le postazioni filo Isis, restituire alle imprese italiane il ruolo che meritano in quel pezzo di Mediterraneo. Ma prima urge un governo uno.

Rete Libia


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