La Commissione europea ha presentato negli scorsi giorni un pacchetto di misure per “accelerare la transizione verso la riduzione delle emissioni di CO2 in Europa in tutti i settori dell’economia”, con principi guida che l’esecutivo Ue definisce “chiari ed equi per gli Stati membri”. Mentre la stampa commenta dicendo che “i ricchi Stati del nord si faranno carico del grosso del peso” e i Verdi accusano l’Europa di aver previsto regole troppo morbide e piene di scappatoie, vediamo che cosa prevede la nuova normativa.
OBIETTIVI VINCOLANTI
Nel 2014 l’Ue si è accordata per ridurre collettivamente le emissioni di gas serra di almeno il 40% entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990 in tutti i settori dell’economia. Le nuove proposte introducono obiettivi annuali vincolanti per gli Stati membri in materia di emissioni per il periodo 2021-2030 nei settori dei trasporti, dell’edilizia, dell’agricoltura, dei rifiuti, dell’uso del suolo e della silvicoltura. Gli obiettivi per ciascuno Stato sono stati calcolati in base al prodotto interno lordo pro capite e al peso del settore agricolo sull’economia complessiva.
LE QUOTE STATO PER STATO
Tutti gli Stati membri sono coinvolti: saranno “in prima linea nel decidere le modalità di attuazione delle misure intese a conseguire l’obiettivo concordato per il 2030”, dice l’Ue. La tabella completa degli “obiettivi proposti” è qui ma, per una rapida panoramica, Lussemburgo e Svezia dovranno tagliare le emissioni del 40% entro il 2030 rispetto ai livelli del 2005, la Germania del 38%, la Francia e la Gran Bretagna del 37%, l’Austria del 36%, l’Italia del 33%, la Spagna del 26%. Dal lato opposto ci sono Bulgaria (0%), Romania (-2%), Polonia (-7%), Lituania (-9%), Slovacchia (-12%), Repubblica Ceca (-14%).
LO SCAMBIO DI EMISSIONI
Riguardo al sistema di scambio delle quote di emissione, resta valida la proposta dello scorso anno (Emissions Trading System); i paesi Ue avranno però più flessibilità nel fatto che i target si possono raggiungere nel corso del tempo e sommando i risultati di settori economici diversi. I paesi membro potranno decidere autonomamente quanto ciascun settore contribuisce al target e potranno comprare e vendere quote di CO2 tra loro (Effort Sharing Regulation). Tutti i settori economici inquinano: il trasporto su strada è responsabile di un quinto delle emissioni di CO2 in Europa, ma anche l’agricoltura produce il 9,6% di gas serra.
Questo pacchetto “dimostra che stiamo mobilitando tutte le nostre politiche verso l’economia competitiva, circolare e a basse emissioni di carbonio che avevamo promesso nella strategia dell’Unione dell’energia”, ha detto il Vicepresidente responsabile dell’Unione dell’energia, Maroš Šefčovič. “L’Ue ha un obiettivo ambizioso in termini di riduzione delle emissioni, ma sono convinto che riusciremo a raggiungerlo grazie all’impegno collettivo di tutti gli Stati membri. Gli obiettivi nazionali vincolanti che proponiamo sono equi, flessibili e realistici“, assicura Miguel Arias Cañete, Commissario Ue per l’Azione per il clima e l’energia.
INCOGNITA POST-BREXIT
I paesi Ue devono ora approvare il piano della Commissione europea; resta l’incognita del comportamento della Gran Bretagna, che il 23 giugno ha votato l’uscita dall’Unione ma che è stata comunque inclusa nel pacchetto innanzitutto per motivi legali, perché la Brexit sarà effettiva solo nel giro di due anni.
Londra non ha ancora deciso se continuerà ad aderire alle norme Ue sul clima, ma una portavoce del governo ha dichiarato che le politiche sul taglio delle emissioni continuano ad essere una priorità per il Regno Unito e che “gli obiettivi Ue per ridurre le emissioni e contrastare il cambiamento climatico restano validi. Vogliamo ancora essere parte dei negoziati e ottenere l’accordo migliore per la Gran Bretagna”. Anche secondo Šefčovič Londra (fra i principali sostenitori della conferenza sul clima di Parigi) vorrà tener fede agli impegni presi prima del referendum.
Un altro elemento di incertezza è legato alla Polonia. Aveva chiesto di poter avere un target dello 0% come la Bulgaria: le è toccato il 7%.
AMBIENTALISTI SCONTENTI: NESSUNO CONTROLLERA’
I gruppi ambientalisti non sono del tutto soddisfatti dalla proposta della Commissione. Climate Action Network teme che le misure non bastino per contenere l’innalzamento della temperatura globale entro i 2 gradi come concordato alla conferenza sul clima di Parigi; Bas Eickhout, europarlamentare verde olandese, pensa che la proposta della Commissione consentirà varie scappatoie che ne mineranno l’efficacia.
“La Commissione è venuta meno agli impegni assunti su scala internazionale e ha inserito una serie di scappatoie nella sua proposta che permetteranno ai paesi di ‘barare’ e rendere l’azione sul clima meno efficace”, concorda Imke Luebbeke, head of climate and energy di Wwf Europa.
“I paesi europei dovranno darsi molto da fare singolarmente per rispettare gli impegni di Parigi”, sottolinea Wendel Trio, direttore di Climate Action Network Europe. “Intervenire contro i cambiamenti climatici vuol dire far crescere l’economia green, migliorare i trasporti pubblici, avere aria più pulita, gestire meglio l’energia, moltiplicare i posti di lavoro. Ma la proposta dell’Europa è priva dell’elemento fondamentale per spingere i paesi Ue ad essere ligi: un meccanismo di valutazione costante e trasparente dei progressi compiuti”.
Tante parole e poca azione nella strategia Ue anche per Brook Riley di Friends of the Earth Europe: “I politici europei devono smettere di presentare le misure per il clima come un costo e sottolineare invece gli enormi benefici per l’ambiente e per l’economia”.