Tra la fine del XX secolo e gli inizi del XXI, mentre lentamente venivano rimosse le macerie del Muro, avanzava prima discretamente, poi in modo deciso e prepotente la globalizzazione, nuova e moderna condizione economica del Pianeta. I notevoli progressi della scienza e della tecnica sostenuti da un capitalismo sfrontato, soprattutto nel settore delle comunicazioni e dei trasporti, consentivano la riduzione delle distanze tra i vari punti della Terra, favorendo una più facile e rapida circolazione delle persone e delle merci. L’evoluzione tecnologica figlia delle nuove scoperte scientifiche si diffondeva con rapidità nei tanti paesi del Globo, avviando una concorrenza economico-finanziaria spietata. L’Europa Unita per non soccombere di fronte all’invasione disordinata dei paesi emergenti e degli USA apriva le porte a nuovi Stati anche dell’Est, fino ad arrivare ai 27 di oggi, dopo l’uscita della GB. Il trattato di Maastricht del 1992, con il graduale ingresso di nuovi paesi, rendeva più forte l’UE dal punto di vista politico, economico e degli affari esteri, dandole nuovo slancio nel tentativo di recuperare l’antico prestigio. L’Euro, la nuova moneta, e il trattato di Schengen furono scelte scaturite dall’entrata in vigore degli accordi di Maastricht. Abbattendo le frontiere, i moderni mezzi di comunicazione consentivano la circolazione in tempo reale di notizie e di informazioni, le merci potevano viaggiare con maggiore speditezza, le persone avevano libero accesso nell’attraversare i confini degli Stati nell’UE. Tutto ciò significava vantaggi, nuove opportunità, crescita della ricchezza per gli operatori economici e finanziari. Il mondo bipolare, Alleanza Atlantico-Patto di Varsavia, diviso dal “muro” era alle spalle. Il capitale poteva imporre le regole con spensierata baldanza e mettere a frutto i propri disegni senza più tante difficoltà, com’era stato in passato quando ostacoli insormontabili impedivano di agire con mano libera, perché bloccati da norme che non guardavano solo agli interessi del capitale, ma che avevano anche particolare riguardo per la tutela della dignità del lavoro.
Tra i sistemi economici del passato vi era soprattutto quello italiano, esso si distingueva per le virtuose regole di economia mista o economia sociale di mercato, con le nuove impostazioni fu volutamente distrutto. Le privatizzazioni di alcuni gruppi industriali a partecipazione statale, chieste a gran voce da settori della Confindustria, spalleggiati da ambienti stranieri e nostrani, come testimoniano alcuni articoli del Corsera del tempo non sono forse figlie di quel clima?
Ci fu chi mise in guardia sui pericoli dello strapotere di questo capitalismo disinvolto, il cui unico interesse era ed è la realizzazione del profitto secco, senza considerare gli aspetti sociali e solidaristici. Nessuno ascoltò voci alte e nobilissime che raccomandavano attenzione e vigilanza di fronte alle forme grossolane, senza etica, di costruire ricchezza. La politica girò la testa dall’altra parte, fingendo di non sentire, i sindacati avevano bisogno del quieto vivere per conservare iscritti e privilegi, gli intellettuali in massima parte si appiattirono sul conformismo del momento, e a pagare il prezzo più alto del capitalismo prepotente e senza scrupoli fu il ceto medio-basso, che oggi ancora soffre per scelte scellerate avvenute con l’imperversare della globalizzazione, nuova forma di colonialismo. E oggi ci si meraviglia perché la politica è diventata facile bersaglio e messa alla berlina. Perché la gente non ama questa UE, tutta regole e regolette che favoriscono lobbies e vari gruppi commerciali e industriali con assurde prescrizioni. In Inghilterra mica erano pazzi a decidere l’uscita dalla UE? La gente comune fa ragionamenti semplici: in passato si stava bene, anche sopportando qualche sacrificio, oggi invece pur portando il fardello di tanti sacrifici si continua a star male. Morale? Liberalismo estremo e liberismo predicati dalla globalizzazione economica, dal mercato senza regole hanno fallito. San Giovanni Paolo II nel mettere in guardia da nuove forme di colonialismo nel terzo millennio della storia vedeva lontano. L’unica via d’uscita è riconsiderare, alla luce dei mutamenti intervenuti, le scelte di economia mista che l’Italia di De Gasperi, sulla scorta dei principi del Codice di Camaldoli, riuscì ad attuare, riportando il Paese a nuovo sviluppo e benessere negli anni della ricostruzione e del miracolo economico.