Un repulisti. Con una sola parola Renato Cortese, direttore del Servizio centrale operativo della Polizia, ha descritto al meglio il progetto “Wanted” che ha coinvolto le 103 squadre mobili italiane, coordinate dallo Sco, alla ricerca di quei latitanti non legati ad associazioni mafiose e oggetto di custodie cautelari, magari da anni, per aver commesso i reati più insidiosi per i cittadini: dallo spaccio di stupefacenti ai furti e alle rapine. Quei reati che una volta venivano definiti “microcriminalità” e che la gente comune non ha mai avvertito come “micro”.
Il giorno della presentazione e di un primo consuntivo del progetto non è stato casuale perché il 28 luglio 1985 venne ucciso a Palermo Beppe Montana, capo della squadra Catturandi della Mobile, e a lui è dedicata l’operazione, voluta dal capo della Polizia, Franco Gabrielli, e gestita dal Direttore centrale anticrimine, Vittorio Rizzi. Dal 14 giugno al 25 luglio sono stati arrestati 252 latitanti. L’uovo di colombo è stato un nuovo metodo investigativo che si basa soprattutto sull’incrocio delle informazioni di diverse banche dati (dalle utenze elettriche al catasto) unito ai metodi tradizionali dell’investigatore. La conclusione ha portato all’arresto di 233 uomini e 19 donne, di cui 111 italiani e 141 stranieri. “Non parliamo di mafiosi o appartenenti alla criminalità organizzata, – ha spiegato Cortese, che ha presentato i risultati con il direttore della Seconda divisione dello Sco, Vincenzo Nicoli – ma di soggetti colpiti da misure cautelari per piccoli reati che sono però quelli più fastidiosi per i cittadini, quelli che contribuiscono ad aumentare la percezione di insicurezza”.
Il progetto pilota è partito da Roma nella cui provincia sono state rintracciate 22 persone, seguita da Perugia, Varese, Torino e Genova. Tra rapine, spaccio e varie, c’era chi si nascondeva nel classico armadio e chi era al mare sulla riviera romagnola, chi riusciva a sfuggire da un decennio e chi ha solo 12 anni, come una rom già titolare di un fascicolo corposo. Ricercati per aver commesso reati, per vivere non potevano che commetterne altri “o costringere chi viveva con loro a commetterne” ha detto Cortese. Ed è proprio questo lavoro che, continuando nei prossimi mesi, dovrebbe dragare le acque stagnanti di una criminalità diffusa nella quale, comunque, non sono state trovate tracce di legami con il terrorismo jihadista. Un bell’omaggio a Beppe Montana alla presenza del fratello, Dario, il quale non poteva non ricordare anche altre vittime della mafia come Ninni Cassarà e Boris Giuliano. Ma la Polizia non pensa solo a trovare Matteo Messina Denaro: la sicurezza dei cittadini passa anche da un repulisti.