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Tutte le ossessioni su Silvio Berlusconi

Anche per le polemiche esplose sul voto col quale il Senato, disattendendo la decisione proposta dalla competente giunta, ha negato l’uso di alcune intercettazioni telefoniche nell’ennesimo procedimento giudiziario contro Silvio Berlusconi per la vicenda Ruby si può ripetere che quando il saggio indica la luna lo sciocco guarda il dito.

Questo vecchio proverbio orientale calza a pennello con le accuse che si sono scambiati i senatori del Pd e delle 5 Stelle di avere voluto favorire a scrutinio segreto il presidente ed ormai ex parlamentare di Forza Italia per intorbidire le acque e avvelenare ulteriormente il clima politico. Che, secondo queste polemiche e quanti le hanno raccolte e ci stanno ricamando sopra retroscena e romanzi da fantascienza, sarebbe limpido e puro solo se Berlusconi fosse considerato e trattato come un delinquente patentato e, direi, irreversibile: quello che Lina Palmerini sul Sole 24 Ore ha brillantemente definito “l’utile nemico”.

Berlusconi non è certamente uno stinco di Santo, anche se forse lui così è tentato spesso di sentirsi, al di là di una certa modestia bonaria che ostenta. L’ex presidente del Consiglio è un uomo sempre un po’ sopra le righe, sincero non al di sopra della media umana, ha deluso con gravi errori comportamentali, non necessariamente scambiabili per reati, la fiducia di tanti suoi elettori, non a caso passati ad altri schieramenti o ritiratisi nell’astensionismo, ma rimane un uomo politico, con tanto di gruppi parlamentari che lo rappresentano a Montecitorio e a Palazzo Madama, anche dopo che lui personalmente è stato espulso dal Senato. Ma è soprattutto un cittadino al quale non si possono negare le garanzie riconosciutegli dalla legge e, se permettete, anche dal buon senso.

Il procedimento giudiziario in corso contro di lui, chiamato comunemente “Ruby ter”, a livello ancora di udienza preliminare, il cui prossimo passaggio è fissato per il 3 ottobre, naturalmente a Milano, dove la Procura della Repubblica ne sembra francamente attratta come l’ape dal miele, altro non è nella sostanza, a parte tutte le formalità dei soliti legulei, che un tentativo di riprocessarlo –questa volta per corruzione in atti giudiziari- dopo le assoluzioni da lui ottenute in appello e in Cassazione dalle accuse di prostituzione minorile e concussione. Di questa corruzione avrebbero beneficiato le famose e cosiddette “olgettine”, le frequentatrici cioè delle sue feste, con due delle quali egli fu intercettato quando era ancora senatore, per cui l’uso delle registrazioni nel nuovo procedimento giudiziario è dovuto passare per la necessaria autorizzazione del Senato. Che l’ha negata a scrutinio segreto con 130 no, 120 sì e 8 astensioni.

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Questo processo “Ruby ter” nasce da un fascicolo, diciamo così, trasmesso alla Procura di Milano dal collegio di primo grado del tribunale, sempre di Milano, che condannò Berlusconi per i già ricordati reati di prostituzione minorile e concussione, avendo quel collegio ritenuto che l’imputato fosse stato aiutato nella difesa, per quanto inutilmente, da testimoni prezzolati, o giù di lì.

Il buon senso, difficilmente compatibile purtroppo con la giustizia di rito italiano, e non solo ambrosiano, avrebbe voluto che, sopraggiunta l’assoluzione di Berlusconi in appello e in Cassazione, il nuovo procedimento praticamente innescato dai giudici di primo grado si fermasse. Invece, è proseguito lo stesso. Come sono proseguite tutte le azioni civili per diffamazione intentate da due delle tre giudici di quel collegio contro giornali e giornalisti che ne avevano criticato la sentenza.

Ora, quel buon senso mancato nel tribunale di Milano, o dove sono in corso i procedimenti civili contro i giornalisti, uno dei quali, Paolo Ostellino, allora al Corriere della Sera, è già stato condannato a più di 150 mila euro di danni, ha fatto in qualche modo capolino nell’aula del Senato. Che potendo pronunciarsi su Berlusconi, e solo su di lui perché ancora senatore all’epoca in cui fu intercettato con due delle sue amiche olgettine, gli ha dato una mano. Gliel’ha data grazie allo scrutinio segreto, che ha sottratto i singoli senatori convinti dei buoni diritti dell’ex Cavaliere al solito linciaggio sulle pubbliche e metaforiche piazze del pregiudizio. Che questi senatori siano stati del Pd o del movimento di Beppe Grillo, a questo punto, importa ben poco, per quanto i dirigenti dei due partiti, e relativi gruppi parlamentari, stiano miseramente scannandosi sul solito palcoscenico dell’ipocrisia, o della demagogia moralistica.

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So bene che la storia non si fa con i se. Eppure, lasciatemi supporre che il 27 novembre di tre anni fa, la “storica” giornata della decadenza di Berlusconi da senatore per effetto della sua condanna definitiva per frode fiscale, ma con l’applicazione retroattiva di una legge – quella che porta il nome della ministra della Giustizia dell’epoca Paola Severino – approvata dopo i fatti contestati all’ex presidente del Consiglio, le cose sarebbero andate ben diversamente se si fosse votato anche allora liberamente nell’aula di Palazzo Madama, cioè a scrutinio segreto.

Invece, forte di un parere espresso dalla giunta del regolamento con un solo voto di scarto, quello della vice presidente allora montiana del Senato Linda Lanzillotta, il presidente dell’assemblea Pietro Grasso, magistrato di lunghissimo corso, non concesse lo scrutinio segreto. Egli ritenne, al pari della giunta, che non fosse in gioco una persona ma l’integrità del Senato. Altro non dico perché sarebbe pleonastico.

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