“In queste ore il nostro animo è ancora una volta scosso dalle tristi notizie dei deplorevoli atti di terrorismo e violenza. Penso ai drammatici eventi di Monaco in Germania e di Kabul in Afghanistan dove hanno perso la vita degli innocenti, e sono vicino ai familiari delle vittime. Quanto più oscure sono le prospettive di pace, tanto più insistente deve farsi la nostra preghiera”. Questo le parole di Papa Francesco pronunciate durante l’Angelus di domenica, a seguito di una settimana tormentata dai numerosi e tragici fatti di cronaca. Legati agli atti di terrorismo, di diversa matrice e posizione geografica, ma senza però tralasciare la situazione turca, dove se è vero che la comunità cristiana rappresenta una realtà non troppo ampia, contando circa 100 mila fedeli di cui solo un terzo cattolici, il clima di tensione che ha fatto seguito allo sventato golpe ai danni di Recep Tayyip Erdogan resta ad ogni modo incessante, in modo particolare per chi rappresenta una minoranza nel Paese.
LA RIFLESSIONE DI GALANTINO AL SOLE 24 ORE
Il segretario generale della Cei Mons. Galantino celebrando la messa nella chiesa dei Bernardini a Cracovia, dove è iniziata la trentunesima Giornata Mondiale della Gioventù, dopo aver ricordato che “non si può pregare e con le stesse mani respingere” ha affermato che “sono tanti i motivi di dolore e di preoccupazione che incontriamo attorno a noi: un circolo di violenza e di follia omicida tenta di avvolgere lo spazio pubblico e di trascinare in basso, nel timore e nella tristezza, la convivenza umana”. Dal tono invece più riflessivo l’intervento di sabato sulle pagine del Sole 24 Ore, dove il presule ha scritto: “Dopo Andria, Fermo, Nizza, Dallas, Dacca, Nigeria, Aleppo, Ankara… Voglia di fermarsi perché stanchi e sopraffatti da quello che evocano questi nomi. Quando la fame bussa alla porta bisogna bussare alla porta di Dio”. E ha poi proseguito: “A me non piacciono le mitizzazioni né mi convincono le eccessive enfatizzazioni! D’altra parte stonerebbero davvero tanto nel clima di dolore e di incertezza che tutti stiamo vivendo in questo tornante della storia. Penso però che dobbiamo tutti trovare il modo di fermarci per osservare, riflettere e decidere da dove riprendere il cammino”. Il sentimento che traspare è quindi stavolta di forte apprensione, e di sbigottimento. “Che senso ha continuare a permettere impunemente a tanti di dispensare con leggerezza speranze che non diventeranno mai realtà e di invitare a coltivare sogni che avranno sempre di più il sapore amaro della illusione?” ha scritto ancora Galantino. “Dico tutto questo in un momento in cui l’ Italia, e non solo, sta assaporando l’ amarezza della violenza, l’ assurdità di vite spezzate dal fanatismo, progetti di vita naufragati perché qualcuno ha deciso che doveva guadagnare di più rimandando o addirittura non realizzando opere necessarie per la sicurezza delle persone”.
IL CARDINALE SANDRI E IL DIALOGO CON I MUSULMANI
Entrando più nel dettaglio della questione sulle violenze e l’Islam, e al netto delle reazioni di basso profilo nei confronti di Erdogan (come riportato da Formiche.net) e del tentato golpe turco, la settimana scorsa è stata la volta del cardinale Leonardo Sandri, prefetto della Congregazione per le Chiese orientali, che intervenendo all’Università Cattolica di Milano nel corso di una lectio magistralis ha affermato che “è di fondamentale importanza per le Chiese cattoliche orientali che riescano a dialogare con i musulmani, creando una convivenza fruttuosa e pacifica con questa comunità. Solo così sarà possibile avviare un vero dialogo ecumenico basato sull’integrazione e sulla solidarietà”. Se non ci fossero più i cristiani nel Medioriente, ha aggiunto Sandri, “non ci sarebbe più nemmeno il Medioriente”.
L’ARCIVESCOVO DI VIENNA E L’IMPORTANZA DEL PERDONO
Dal tono invece più deciso, almeno nelle premesse, il cardinale arcivescovo di Vienna Christoph Schönborn, che in un’intervista apparsa sul quotidiano austriaco Der Standard ha detto di attendere “prese di posizione più chiare da parte delle autorità musulmane” nei confronti del terrorismo di matrice islamica, essendo questo “un grande problema per l’islam”. Schönborn, nell’intervista apparsa domenica scorsa, ha sostenuto che “anche nel cristianesimo si trovano radici di violenza”, ma che a differenza dell’Islam ha attraversato un “processo di apprendimento”. E che è anche per questo che “tra tutte le misure di sicurezza che una società può dispiegare di fronte alla minaccia terroristica l’amore e il bene, la misericordia e il perdono sono le più importanti”.
IL TEMA DELLA RELIGIONE NELLO SPAZIO PUBBLICO
Più estesa e secca la presa di posizione del card. Kurt Koch, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani. In un intervista uscita giovedì’ sulla rivista on-line tedesca Kath.net sul tema della debolezza dell’Occidente, il cardinale ha infatti toccato anche il tema dell’Islam, dicendo che “essendo l’Islam una religione pubblica, la sua presenza in Europa solleva la questione di una convinzione problematica della società occidentale: che la religione debba essere relegata nella sfera individuale e privata dell’essere umano”. Difficile dargli torto, specialmente in un momento in cui a intercettare l’emarginazione dei giovani e il desiderio di fede, o di una risposta che vada oltre le contingenze quotidiane e sociali, piuttosto che la religione cristiana è il terrorismo islamista. “È giusto aiutare i musulmani permettendo di vivere la loro fede nelle nostre società democratiche – ha poi proseguito il cardinale – ma il problema è che non viene chiesta altrettanto chiaramente la stessa politica nei confronti dei cristiani nei paesi islamici. La creazione di istituzioni islamiche nelle nostre società occidentali può stare in piedi solo se ne viene garantita la reciprocità”.
LA MAGGIORE INTRANSIGENZA DEL CARDINAL BURKE
Oltreoceano si fa infine sentire la voce del cardinale Raymond Burke, canonista statunitense spesso raffigurato come conservatore, o almeno come resistente nei confronti dell’esortazione apostolica di Francesco Amoris Laetitia, che in un’intervista rilasciata al sito americano Religion News Service ha affermato molto più duramente che l’Islam “vuole governare il mondo” e gli americani devono decidere se hanno intenzione di riaffermare “l’origine cristiana della nazione”. Criticando quindi senza mezzi termini chi afferma che l’Islam è una religione che condivide le stesse radici con la fede ebraica o cristiana. “I singoli musulmani sono persone deliziose, con cui parlare in maniera molto tranquilla su questioni di religione – ha chiosato il cardinale – ma il punto è questo: quando diventano una maggioranza in qualsiasi paese poi hanno l’obbligo religioso di governarlo. Se questo è ciò che i cittadini vogliono, si vada avanti; ma se non è così, allora si deve trovare un modo per affrontare il problema”.