Secondo le ormai consolidate e peggiori tradizioni di Forza Italia, o di ciò che ne rimane, è bastato un gesto di buona volontà e disponibilità di una persona perbene a “dare una mano” ai ricorrenti tentativi di “federare” un nuovo centrodestra per scatenare il putiferio. Eppure questa volta si è trattato di Stefano Parisi, il protagonista pur perdente, ma di poco, della campagna elettorale a Milano: l’unico riuscito, per le sue doti umane, la sua esperienza manageriale e politica e altro ancora a tenere unite le vecchie componenti del centrodestra: dai leghisti ai centristi di Angelino Alfano, quasi ovunque diventati come il diavolo e l’acqua santa.
A salvare Parisi dalla rivolta, chiamata eufemisticamente “gelo” da alcuni giornali e ambienti, non è riuscita neppure la circostanza della sua offerta: un’intervista alla Stampa uscita alla vigilia di un vertice di partito annunciato ad Arcore attorno al convalescente Silvio Berlusconi. O è stata forse proprio questa circostanza, col sospetto direi abbastanza fondato e logico di una iniziativa concordata fra Parisi e lo stesso Berlusconi, a scatenare proteste, borbottii, mugugni e quant’altro. Fra cui il lapidario e urticante commento del solito capogruppo forzista della Camera Renato Brunetta, proveniente peraltro come Parisi dal giro socialista di Gianni De Michelis degli anni d’oro del garofano craxiano: “Parisi ha la passione, ma non è il momento”.
Per Brunetta, ma anche per molti altri come lui, non è mai il momento giusto. Bisognerebbe sempre aspettare qualche altro passaggio. In questo caso, probabilmente, il referendum d’autunno, o di chissà quale altra stagione, sulla riforma costituzionale targata Renzi, per quanto il povero Parisi si sia affrettato ad allinearsi al no referendario predicato con tanta veemenza da Brunetta, dimentico come lui che quella riforma è stata per un bel po’ scritta anche con la penna e l’inchiostro di Berlusconi e di Denis Verdini.
A migliorare la posizione e le carte di Parisi non saranno probabilmente né l’attenzione dedicatagli con un editoriale dal Corriere della Sera né l’incoraggiamento di Giuliano Ferrara sul Foglio. Dove sono convinti che con Parisi leader di un nuovo centrodestra, in cui lo stesso Parisi ha riservato a Berlusconi il ruolo e/o la figura di “fondatore”, come Eugenio Scalfari è indicato sotto la testata di Repubblica già dai tempi della direzione di Ezio Mauro, prim’ancora che direttore fosse nominato Mario Calabresi, guadagnerebbe l’intero sistema politico. Che si stabilizzerebbe tornando verso il modello bipolare entrato in crisi, e trasformatosi in tripolare, con la coincidenza fra le difficoltà di Berlusconi e l’irruzione elettorale del movimento di Beppe Grillo.
L’analisi di Giulianone, come io chiamo amichevolmente Ferrara per la sua stazza fisica e una certa genialità che sarebbe disonesto negargli, pur al netto di alcune esagerazioni e di taluni scompensi caratteriali che il nostro comune amico Enzo Bettiza definisce ormonali, con l’aria di proteggerlo, non è condivisa da uno che si considera esperto e introdotto non meno di Ferrara nei cerchi via via magici di Berlusconi. E’ Luigi Bisignani, che in una lettera al direttore del Tempo ha definito una soluzione Parisi della crisi del centrodestra “un vero regalo per Renzi e Grillo”. Che diventerebbero loro più facilmente i protagonisti di un nuovo bipolarismo.
Più lineare e produttiva sarebbe evidentemente la scelta del nuovo leader del centrodestra con lo strumento delle primarie, nelle quali i vari aspiranti fra generali, colonnelli, caporali e altri di Forza Italia e/o di altri partiti interessati, potrebbero finalmente liberare le loro energie. Eppure da tempo c’è il fondato sospetto che Berlusconi, non a caso più volte schieratosi contro questa procedura, non veda all’altezza della situazione nessuno dei contendenti al ruolo di leader smaniosi di misurarsi con le primarie.
Bisignani scrive con prudenza, ad un certo punto, che “cosa abbia in testa Berlusconi probabilmente non lo sa neppure sua figlia Marina”, che ha appena azzerato il “cerchio” stretto del padre nel momento stesso del suo ricovero in ospedale per l’intervento al cuore. Ma io temo che neppure Berlusconi sappia quello che ha in testa, specie se dovesse commettere l’errore di lasciare Stefano Parisi indifeso dall’assalto dei soliti noti. E fargli fare la fine di un Bertolaso qualsiasi, con tutto il rispetto personale per lo sfortunato ex capo della Protezione Civile, Guido, come candidato del centrodestra a sindaco di Roma, messo in corsa e poi ritirato.