La lentezza dell’Amministrazione e la velocità del mercato. Mentre a Palazzo Senatorio si discute, soprattutto si litiga, sui futuri destini dell’AMA, Francesco Gaetano Caltagirone mette a segno un piccolo colpo. Vende una parte cospicua della sua partecipazione in Acea a Suez, la grande azienda francese, che da sempre si occupa di servizi, ed è da tempo presente nel capitale della grande azienda elettrica romana.
Grazie a questa operazione finanziaria, Suez diventa a Roma il primo azionista privato, con una quota pari al 23,3 per cento del capitale. Caltagirone ne conserva, invece, un 5 per cento, ed acquisisce il 3,5 per cento del capitale di Suez. In questo modo l’imprenditore romano rimane un punto di riferimento nella geografia non solo economica della Capitale. Realizza, al tempo stesso, un’alleanza con i francesi, che può essere foriera di ulteriori importanti sviluppi.
Tutto bene. In un Paese per molti versi immobile come l’Italia ogni movimento, alla ricerca di nuove soluzioni, è benvenuto. Se è vero che al peggio non c’é mai fine. Ancor più vero è lo stato preagonico della realtà italiana, in generale; di quella romana in particolare. Per superare il quale occorre quel coraggio che Draghi invoca per combattere la deflazione. Incrociamo, quindi, le dita e speriamo in un futuro migliore.
Rientra in questo possibile scenario la proposta di una sinergia tra AMA ed Acea, come indicato dal neo assessore al bilancio del Comune di Roma. Suggerimento accolto dal management della società elettrica con qualche timore, che i francesi di Suez hanno subito stoppato. L’operazione è possibile: questa è stata la risposta fatta filtrare. Tutto dipenderà dalle modalità operative dell’eventuale progetto.
Dal punto di vista gestionale non esistono vincoli ostativi. A2A, la grande multiutility lombarda, tanto per fare un esempio, è un’azienda che si occupa sia d’ambiente, quindi di rifiuti, sia di elettricità. Che tra i due campi non vi sia contraddizione, ma possibili sinergie, è dimostrato dal fatto che i rifiuti possono essere utilizzati proprio per produrre energia. Stiamo parlando, ovviamente, dei termovalorizzatori, tutti concentrati nel Nord, salvo quello di Aversa, alimentati, anche dai rifiuti del resto d’Italia. Un business per il Nord ed un costo per le rimanenti Amministrazioni, in termini costi di trasporto, di pre-stoccaggio e di trattamento iniziale degli stessi. Le polemiche romane su Malagrotta e Rocca Cencia ne sono la dimostrazione. Con l’inevitabile seguito giudiziario.
La scelta di Suez ha quindi una sua logica. Gioca a suo vantaggio l’arretratezza delle strutture che operano al di sotto del Rubicone. Avendo maggiori disponibilità di capitali può innanzitutto investire nei termovalorizzatori di seconda generazione – quelli al plasma – da distribuire in modo meno cervellotico, sul territorio nazionale. Ma può anche utilizzare la rete di Acea per fornire i nuovi servizi legati ad Internet. Sulla carta, quindi, tutto funziona. L’incognita è solo politica, come mostrano le incertezze legate alla candidatura di Roma alle prossime Olimpiadi. Ma contro questa malattia, purtroppo, i rimedi non sono stati ancora trovati.