Non c’è giornale, neppure in Italia, che si sia sottratto a mettere in prima pagina la foto disperata e disperante del bambino di Aleppo martoriato ma estratto vivo dalle macerie della sua città. Dove si sta consumando una guerra per troppo tempo ignorata o trascurata, diversamente da altre che hanno spinto tanti di noi a sentirci concittadini della gente minacciata o colpita: berlinesi, parigini e via elencando. Per Aleppo, come dice nella sua vignetta sull’Unità l’impagabile Staino, ancora in attesa di nomina a direttore, non sappiano neppure come si debbano chiamare i suoi abitanti.
Il titolo-commento drammaticamente più realistico dato a quella terribile foto di un bambino impaurito e ferito è purtroppo quello scelto dal Quotidiano Nazionale che raccoglie i giornali del gruppo Riffeser Monti: “Scorderemo anche lui”. Come quel bambino morto, spiaggiato nell’inutile tentativo di approdare in Grecia dalle coste turche. Eh, si. Forse dimenticheremo anche lui, in attesa della prossima foto ben riuscita che ci provocherà le stesse, brevi, effimere emozioni.
Si fa l’abitudine anche all’orrore. Ci si rassegna, con pazienza, alla cattiva sorte, propria e degli altri, con quel pessimismo della ragione che Antonio Gramsci soleva contrapporre all’ottimismo della volontà. La volontà cioè di cambiare le cose e di vincere la partita che ogni giorno, ogni ora il bene combatte contro il male.
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A cambiare dopo tanti anni il paradigma del comunista Gramsci ha provveduto il post-democristiano Sergio Mattarella cogliendo l’occasione offertagli dalla celebrazione annuale di Alcide De Gasperi, nell’anniversario della sua morte, per indicare come esempio a questa e alle prossime generazioni la sua pazienza. Intesa però non come rassegnazione, come pessimismo, ma – al contrario – come ostinazione. Si deve essere pazienti, secondo Mattarella, perché ostinati nell’ottimismo, nella speranza che le cose possano cambiare in meglio.
Il presidente della Repubblica è in qualche modo salito sull’albero di De Gasperi, l’indimenticato e indimenticabile protagonista della ricostruzione italiana e delle scelte occidentali del nostro Paese nel secondo dopoguerra, per parlare dell’Europa. E parlarne, in particolare, a quanti la stanno gestendo come Unione con la rassegnazione, pur non denunciata così esplicitamente dal capo dello Stato per comprensibili ragioni diplomatiche, all’idea ch’essa dipenda più dalle “banche” che dallo spirito di solidarietà con cui lo stesso De Gasperi e gli altri leader del suo tempo la concepirono e vollero.
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È francamente difficile intravvedere il felice ossimoro mattarelliano della pazienza ottimistica nelle reazioni che ancora giungono dai vacanzieri di lusso di Capalbio, giustamente scudisciati da Roberto Saviano sulla Repubblica, di voga peraltro su quel litorale toscano, per quella cinquantina di profughi siriani destinativi dal Prefetto di Grosseto.
Nicola Caracciolo ha spiegato sul Fatto Quotidiano, altro giornale che sembra di casa da quelle parti, che i rifugiati in arrivo si troverebbero alla fine così male nelle case già individuate per accoglierli da finire come in un “ghetto”. Sarebbero quindi per il loro bene le proteste, le critiche e quant’altro provocate dalla decisione del Prefetto di Grosseto, contro cui non è naturalmente mancato l’annuncio del solito, immancabile tribunale regionale amministrativo. Dove magari siederanno per pura coincidenza, naturalmente, vacanzieri di Capalbio o amici.
In questa situazione appare indovinata la vignetta del Manifesto in cui l’intellettuale di turno, e di sinistra, viene svegliato al sole sulla spiaggia della località maremmana da un vu cumprà che si sente rimproverato di avere interrotto un sogno in cui lui, il malcapitato venditore abusivo, aveva avuto la fortuna di approdare finalmente, morendo, “in un mondo migliore”.
Purtroppo è capitato anche al presidente emerito Giorgio Napolitano di essere intervistato sulla spiaggia di Capalbio dai soliti, indiscreti giornalisti che hanno cercato di strappargli qualche commento sul problema che ha disturbato quest’anno i vacanzieri vip del borgo toscano per tanti anni compiaciuto di sentirsi definire una “piccola Atene”.
Il povero Napolitano, in occhiali rigorosamente da sole, e tutto vestito, tanto da sembrare avvolto in un “burkino” maschile, ha cercato di cavarsela alla meglio, riuscendovi secondo me molto poco. Si è avuta la sensazione, magari sbagliata, anzi sbagliatissima, che anche a lui quegli arrivi dessero un po’ di fastidio, forse come quegli intellettuali di sinistra che proprio a Capalbio hanno maturato la loro convinzione di votare no nel referendum d’autunno sulla riforma costituzionale. Che è targata Matteo Renzi, ma di cui lo stesso presidente del Consiglio attribuisce la vera paternità proprio all’ex capo dello Stato.
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A sentire Clemente Mastella, l’inaffondabile democristiano che ha battuto il suo antico maestro Ciriaco De Mita, fermatosi alla carica di sindaco di Nusco, diventando primo cittadino non della sua modesta Ceppaloni ma di Benevento, Renzi dovrebbe sentirsi tranquillo sull’esito del referendum costituzionale perché i no sentiti più forti sino ad ora sono quelli degli “intellettuali”: troppo pochi, evidentemente, per risultare in maggioranza e troppo poco popolari per trascinarsi appresso la gente comune.
Poiché però a Mastella piace sorprendere, a precisa domanda ha risposto che pure lui voterà no, senza precisare se si sente finalmente anche intellettuale o se davvero la riforma di Renzi, e di Napolitano, non gli piace.
In ogni caso il sindaco di Benevento un gesto di stima e di amicizia per il presidente del Consiglio lo ha compiuto di sicuro licenziando seduta stante un assessore di Forza Italia che aveva dovuto nominare perché il più votato del partito berlusconiano nelle urne della città campana. La deposizione è avvenuta per essere stato quell’assessore irriverente verso la moglie di Renzi sul proprio sito telematico. A nulla è valsa la spiegazione dell’interessato, che ha attribuito l’irriverenza al proprio figliolo. Il licenziamento è stato confermato. E il presidente del Consiglio ha ringraziato con una chiamata di cui quello sbadato di sindaco in un primo momento, parlando col giornalista che ne raccoglieva l’intervista, neppure si era accorto consultando il suo telefonino.