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I due pilastri della riforma della dirigenza pubblica

Giovedì 25 agosto è stato licenziato dal Consiglio dei Ministri il progetto di Decreto Legislativo della Riforma della Dirigenza pubblica, importante tassello della così detta Riforma Madia. Si inizia così un lungo processo che avrà le sue tappe principali (i) nella pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, (ii) nella discussione in Parlamento, (iii) nell’adozione dei decreti di applicazione. Ci proponiamo qui di fornire una griglia per seguire consapevolmente il dibattito che si svilupperà. Peraltro il dibattito è già iniziato, sopra tutto alimentato dai Dirigenti Generali dello Stato che fanno resistenza a cambiamenti che dovrebbero incidere pesantemente sui loro poteri.

Il problema di fondo che questa riforma si propone, in maniera più o meno consapevole, di affrontare è quello di coniugare i requisiti della legalità (che vanno tradizionalmente ancorati alla stabilità nel posto dei dirigenti, in modo che essi possano opporsi a provvedimenti illegittimi o, addirittura, incostituzionali) con i requisiti dell’efficienza e dell’efficacia (che richiedono la possibilità di rimuovere il personale incapace e di premiare chi rende di più). La riforma licenziata i giorni scorsi si propone di affrontare questo nodo attraverso due pilastri fondamentali:

(i) la creazione di un serbatoio di dirigenti (cui si accede tramite il meccanismo del corso-concorso) da cui i vari enti pescheranno i dirigenti di cui hanno bisogno; da notare che i dirigenti che non vengono reclutati da nessuna amministrazione riceveranno per un periodo massimo di 6 anni una remunerazione base, che si riduce progressivamente nel tempo; si tratta qui del tentativo di coniugare la stabilità nel posto (intesa come garanzia di legalità) con un premio all’efficienza; il meccanismo era già stato sperimentato, con scarso successo, negli anni 90 del secolo scorso e all’inizio di questo secolo con i Segretari Comunali e la loro Agenzia (creata con la legge 59 del 1997, la Così detta Bassanini 1); a sua volta il meccanismo dell’Agenzia dei Segretari Comunali si era ispirato ad un meccanismo simile introdotto in Francia negli enti locali con la riforma Mitterand degli anni ’80, dove funziona abbastanza bene anche perché i funzionari che non trovano collocazione negli enti locali francesi, anziché ricevere una remunerazione senza lavorare, vengono inviati all’estero presso le varie missioni che la Francia ha nel mondo; questo serbatoio di dirigenti sarà unico per tutte le amministrazioni dello Repubblica (Stato, Regioni, ASL, Enti locali) scelta che, per poter funzionare, avrà comunque bisogno di essere integrata con potenti meccanismi formativi;

(ii) la valutazione dell’operato dei dirigenti assunti; da tale valutazione dipenderà una parte molto significativa della remunerazione e la conferma nel posto (che, comunque, sarà possibile solo per una volta); qui si tratta di un meccanismo simile a quello introdotto nei nostri Enti Locali già nel 1995 con il Dlgs 77/95; tale meccanismo si è presto inceppato per la mancanza negli Enti Locali di una contabilità per missioni che garantisse ai Dirigenti una flessibilità adeguata per spostare le risorse da un capitolo ad un altro in modo da poter decidere (per esempio) di comperare pesce congelato anziché carne per garantire l’erogazione dei pasti nelle mense; di fatto i dirigenti non sono sin qui stati in grado di poter dimostrare le loro eventuali competenze manageriali perché l’unica libertà di manovra che hanno consiste nella possibilità di acquistare o di non acquistare quello che il bilancio preventivo prevede; l’introduzione della contabilità per missioni (che deve superare questo handicap) dovrebbe realizzarsi a livello statale grazie all’implementazione del Dlgs 91 del 2011 (di tale Dlgs si è invece persa traccia, anche per l’opposizione della Ragioneria dello Stato) e, a livello di Regioni, Enti Locali e ASL grazie al Dlgs 118 del 2011 (tale Dlgs ha iniziato ad entrare in vigore quest’anno nei Comuni ma è ancora ignorato nelle ASL).

A completamento di questa iniziale griglia va fatta una ulteriore considerazione e va avanzato un suggerimento.
La considerazione riguarda l’impatto che la riforma introdotta nel 1995 negli Enti Locali (riforma che richiama molto quella che il Governo ha licenziato i giorni scorsi) ha avuto nei rapporti tra vertici politici (Sindaci e Assessori) e Dirigenti: di fatto il potere dei dirigenti negli Enti Locali si è significativamente accresciuto. Dietro l’etichetta della separazione tra attività di indirizzo politico e attività amministrativa, i dirigenti risultano i veri padroni della macchina comunale. Anche perché le proposte politiche non possono fare a meno del contributo della dirigenza, la sola depositaria delle conoscenze tecniche che vincolano le scelte politiche.

Il suggerimento riguarda alcune esperienze straniere, in particolare tedesche e francesi. In Germania i pubblici funzionari sono divisi in due categorie: (a) quella di coloro che devono garantire la legalità e che possono avvalersi della pubblica potestà, cui spetta la stabilità nel posto e (b) quelle di chi è chiamato a svolgere funzioni manageriali cui si applica la normativa privatistica tout-court. In Francia, a livello di amministrazione statale, i ruoli di gestione vengono tradizionalmente affidati ai funzionari che si identificano con il governo in carica e quelli di controllo a cloro che si identificano con l’opposizione. Al cambiare delle maggioranze al governo si assiste a delle vere e proprie trasmigrazioni.

Nei prossimi mesi ci sarà occasione per perfezionare i meccanismi del Decreto appena licenziato dal Governo

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