Pur con tutta la prudenza del caso la diplomazia che gli è consueta, il cardinale Pietro Parolin, segretario di stato vaticano, si è mostrato assai fiducioso rispetto a una prossima intesa tra il Vaticano e la Repubblica popolare cinese che possa archiviare la lunga stagione senza relazioni ufficiali (rotte nel 1951). “Sono molte le speranze e le attese per una nuova stagione di rapporti tra la Santa Sede e la Cina, a beneficio della pace mondiale”, ha detto Parolin intervenendo sabato a Pordenone a margine di un convegno sulla figura del cardinale Celso Costantini, primo delegato apostolico nel paese asiatico, dal 1922 al 1933.
“PER IL BENE DEI CATTOLICI CINESI”
Parolin sgombra subito il campo dagli equivoci e chiarisce che “le auspicate nuove e buone relazioni con la Cina non sono fine a se stesse o desiderio di chissà quali successi ‘mondani’, ma sono pensate e perseguite, non senza timore e tremore, solo in quanto ‘funzionali’ al bene dei cattolici cinesi, di tutto il popolo cinese e all’armonia dell’intera società, in favore della pace mondiale”.
IL DURO J’ACCUSE DEL CARDINALE ZEN
Il segretario di Stato non fa nomi né entra nello specifico, ma pare evidente il riferimento alla dura presa di posizione del cardinale Joseph Zen, arcivescovo emerito di Hong Kong che nelle scorse settimane ha ancora una volta ribadito pubblicamente ogni sua contrarietà a un’intesa con Pechino, arrivando a ipotizzare una sorta di disobbedienza collettiva al Papa se l’accordo andrà contro le istanze della chiesa cattolica cinese che sempre ha combattuto il regime.
LA POSIZIONE DEL CARDINALE TONG HON
Una presa di posizione talmente netta che ha costretto il successore di Zen, il cardinale John Tong Hon, a prendere carta e penna e scrivere una lunghissima lettera sullo stato dei rapporti tra la Santa Sede e la Cina, chiarendo – ed è l’aspetto fondamentale che rende palese come il dialogo stia dando i suoi frutti – gli sforzi compiuti per tanti anni dalla chiesa cattolica a riguardo di questo problema hanno gradualmente guadagnato la riconsiderazione del governo cinese; si vuole raggiungere un accordo con la Santa Sede relativo alla nomina dei vescovi in Cina e cercare insieme una soluzione accettata da entrambe le parti”.
I DUE OBIETTIVI DEL VATICANO
Due gli obiettivi che il Vaticano si prefigge: “Non danneggiare l’unità fondamentale della chiesa cattolica e l’integrità dell’autorità della Santa Sede” e “fare in modo che l’autorità del Santo Padre nel nominare i vescovi non sia considerata una intromissione in Cina”. Il cardinale Tong Hon, pur richiamando alla necessità della prudenza, scriveva che “gli sforzi dei recenti pontefici stanno producendo i primi risultati”.
LO SCHEMA DELL’INTESA
Lo schema su cui si negozia è noto da tempo: Pechino presenta una lista di candidati (non troppi) per le varie sedi episcopali, quindi la scelta che toccherebbe al Papa. Sarebbero salvate anche le apparenze e il contenuto della Lettera ai cattolici cinesi di Benedetto XVI (nel 2007) in cui si sottolineava come la nomina dei vescovi dovesse essere necessariamente una prerogativa papale.
REALISMO NECESSARIO
Sempre nel suo intervento tenuto a Pordenone, Parolin aggiungeva che “va realisticamente accettato che i problemi da risolvere tra la Santa Sede e la Cina non mancano e possono generare, spesso per la loro complessità, posizioni ed orientamenti diversi. Ma tali problemi non sono del tutto dissimili da quelli sorti ed affrontati positivamente settant’anni fa”.
“NON ESISTONO DUE CHIESE IN CINA”
Su Avvenire del 24 agosto, il cardinale segretario di stato diceva che “il cammino della conoscenza e della fiducia reciproca richiede tempo, pazienza e lungimiranza da entrambe le parti. Si tratta di trovare soluzioni realistiche per il bene di tutti” e precisava che “sostenere che in Cina esistono due differenti Chiese non corrisponde né alla realtà storica né alla vita di fede dei cattolici cinesi. Si tratta piuttosto di due comunità entrambe desiderose di vivere in piena comunione con il Successore di Pietro. Ciascuna di esse porta con sé il bagaglio storico di momenti di grande testimonianza e di sofferenza, il che ci parla della complessità e delle contraddizioni di quell’immenso paese”.