Le cose in Vaticano nel frattempo stanno cambiando. Il 13 marzo 2013 il 76enne cardinale argentino Jorge Mario Bergoglio viene eletto dal Conclave come successore di Benedetto XVI e sceglie di chiamarsi Francesco. Si dice che nel 2005 il suo nome sia stato già molto presente nelle schede dei cardinali chiamati ad eleggere il successore di Giovanni Paolo II, ma che non se la sarebbe sentita. Vera o no che sia la cosa, Bergoglio spiazza tutti già all’elezione con un nome mai usato e il rifiuto di usare i solenni paramenti pontificali che indicano il suo prestigio di Vicario di Cristo e Sovrano dello Stato Città del Vaticano: appare alla Loggia delle Benedizioni di San Pietro e se ne esce con un “Buonasera!” che manda in visibilio cattolici e non. E poi decide di intervenire anche sulle finanze papali, dopo aver contemplato – pare – anche l’ipotesi della soppressione dell’Istituto.
LE PRIME NOMINE
Tra le prime nomine monsignor Battista Ricca, che diventa Prelato dello Ior. Un uomo di fiducia del Papa, certo, ma che per Statuto ha poteri d’accesso ad atti e documenti dello Ior stesso, e poi, il 24 giugno sempre del 2013, il Papa crea una Pontificia Commissione Referente sullo Ior. Lo fa con un Chirografo, un testo “di suo pugno”, nel quale si indica come “l’opportunità di stabilire una Commissione Referente è sorta dal desiderio del Santo Padre di conoscere meglio la posizione giuridica e le attività dell’Istituto per consentire una migliore armonizzazione del medesimo con la missione della Chiesa universale e della Sede Apostolica, nel contesto più generale delle riforme che sia opportuno realizzare da parte delle Istituzioni che danno ausilio alla Sede Apostolica”. La mission è chiara: raccogliere: “puntuali informazioni sulla posizione giuridica e sulle varie attività dell’Istituto al fine di consentire, qualora necessario, una migliore armonizzazione del medesimo con la missione universale della Sede Apostolica”.
LA COMMISSIONE REFERENTE
I poteri sono molto ampi, perché “Il segreto d’ufficio e le altre eventuali restrizioni stabiliti dall’ordinamento giuridico non inibiscono o limitano l’accesso della Commissione a documenti, dati e informazioni, fatte salve le norme che tutelano l’autonomia e l’indipendenza delle Autorità che svolgono attività di vigilanza e regolamentazione dell’Istituto, le quali rimangono in vigore”. Traduzione: la Commissione è il braccio armato del Papa, che può arrivare ovunque per meglio riferire al Pontefice e suggerire decisioni adeguate.
Dentro la Commissione ecco il presidente, cardinale Raffaele Farina e il confratello Jean-Louis Pierre Tauran. Tauran si trova in una posizione curiosa: riferisce di fatto a se stesso, visto che in quel momento fa parte della Commissione Cardinalizia di Vigilanza sullo Ior – al tempo ancora presieduta da Bertone, ma che lascerà il suo incarico il 15 gennaio 2014 – che per Statuto è chiamata a vigilare sul board dell’Istituto. Controllore e controllato, ma la sua figura è di tale prestigio e affidabilità da non sollevare nessuna osservazione. A coordinare i lavori (conclusisi nel maggio 2014) monsignor Juan Ignacio Arrieta Ochoa de Chinchetru, membro dell’Opus Dei, il segretario monsignor Peter Bryan Wells e infine Mary Ann Glendon, professoressa teocon americana confluita dentro il board dello Ior nell’estate 2014, con l’ennesimo cambio di presidenza. Nel contempo termina i suoi lavori la Cosea, la Commissione sull’organizzazione economico-amministrativa della Santa Sede di cui facevano parte Francesca Immacolata Chaouqui e monsignor Lucio Vallejo Balda (anch’egli targato Opus Dei).
VON FREYBERG, FINE DI UNA PRESIDENZA
Ma torniamo allo Ior. Che perde Von Freyberg nel luglio 2014, sei mesi dopo le dimissioni di Bertone dalla Commissione Cardinalizia di Vigilanza che ha avallato la sua elezione. A cecchinarlo sembrerebbe essere una lettera di contestazioni pubblicata al tempo dall’Espresso, nella quale proprio il prelato Ior monsignor Ricca, spiega come Von Freyberg non avrebbe dato a Francesco tutti i dettagli del prestito obbligazionario da 15 milioni di euro concesso dallo Ior alla Lux Vide di Ettore Bernabei, la società che produce Don Matteo, per capirci, mentre anche i risultati dell’asset management non sarebbero quelli sperati. In compenso, Ignazio Ingrao ha spiegato su Panorama i dettagli della storia: scaduto nel 2013 un prestito in obbligazioni convertibili a favore di Lux Vide stipulato nel 2009 per 16,5 milioni di obbligazioni nominali al tasso annuo d’interesse del 4,5% (totale: 8,46 milioni di euro circa), la Lux Vide chiede l’intervento di altri soggetti. E la Santa Sede, grazie allo Ior, sottoscrive quelle obbligazioni. Siccome in quel momento lo Ior è senza presidente (c’è l’interregno di Herman Schitz), questa decisione – scrive Ingrao – “non passa formalmente attraverso gli organismi collegiali di vigilanza e controllo dell’istituto di credito vaticano”. In compenso, Bertone viene riconfermato alla guida della Commissione Cardinalizia di Vigilanza che ancora presiede e sceglie Von Freyberg come successore di Gotti Tedeschi. Quando nell’estate 2013 Von Freyberg chiama Promontoryad occuparsi dei conti dello Ior, ecco spuntare l’esposizione verso la società di Bernabei. A dicembre 2013 si trova la quadra: lo Ior disdice l’accordo – su ordine della Commissione Cardinalizia di Vigilanza, uno degli ultimi atti della presidenza Bertone – e trasferisce le obbligazioni, ora divenute azioni, ad una fondazione vicina alla Santa Sede. Tutto regolare, ma questo ha un prezzo: una sofferenza di 15 milioni di euro da valorizzare nel bilancio 2014. Comunque vada, Von Freyberg se ne va. Se ne va, spiega Vatican Insider, perché il board dell’Istituto nominato nel 2009 insieme a Gotti Tedeschi, la cui durata è di cinque anni, sta esaurendo la sua missione. E poi perché, sempre grazie alle decisioni di Francesco, dal 24 febbraio 2014 c’è una nuova figura a dirigere le finanze vaticane: la Segreteria per l’Economia guidata dal cardinale George Pell.
(Seconda puntata di un approfondimento di Antonino D’Anna. La prima puntata si può leggere qui)