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La mia verità su Sigonella

Stefania Craxi Mani pulite

Sono molte le infamie che pesano sulla storia repubblicana del nostro Paese, in primis la fine umana e politica di Bettino Craxi, ma tra queste credo sia molto incauto annoverare, come fa Cacopardo su Italia Oggi del 4 agosto scorso, la vicenda di Sigonella e più in generale la nostra politica mediterranea.

Ogni accadimento può essere raccontato da angolature diverse, con approcci ed opinioni differenti, tutte rispettabili, ma non si può mai trascendere dalla varietà dei fatti e non tener conto dei contesti storico – politici in cui si sviluppano eventi che oggi sono di ancor più facile lettura grazie alla grande mole di documentazione declassificata.

Basterebbe leggere alcune di queste carte, peraltro raccolte nel volume “La notte di Sigonella”, per capire che in politica, come nella vita, convinzioni e visioni vanno difese da tutto e da tutti, poiché anche l’interlocutore più ottuso o in malafede, se giuste, saprà riconoscerne il valore e la correttezza.

Si parla impropriamente ed in termini dispregiativi di “doppio binario” per la nostra politica estera, senza essere minimamente sfiorati dal dubbio che la lealtà all’alleanza atlantica, oggi come ieri, è cosa ben differente da una posizione servile ed ancillare e che la stessa disposizione strategica del nostro Paese – al tempo crocevia dello scontro tra Est ed Ovest e cerniera con il mondo arabo -imponevaun ruolo terzo propedeutico alla mediazione dei conflitti della vasta regione mediterranea funzionale ai nostri stessi alleati.

Un Paese sovrano, com’era l’Italia e la classe governante del tempo, svolse questo ruolo non solo con intelligenza ed in funzione della pace, ma con visione e lungimiranza sapendosi ritagliare così un ruolo primario ed autorevole nello scenario internazionale ed una funzione vitale a tutela degli interessi nazionali.

Ciò è tutto tranne che un’infamia, salvo che qualcuno non consideri il dialogo, il confronto, la stessa politica, un male da cui rifuggire.

Infatti, sarebbe sufficiente leggere i dispacci del Dipartimento di Stato degli U.S. prodotti nei giorni immediatamente successivi alla crisi di Sigonella, per comprendere come gli stessi ambienti interni all’Amministrazione americana considerassero le decisioni adottate da Pointdexter, da McFarlane e dal colonnello North sbagliate e prive di prospettiva,non solo perché acuivano e spingevano il conflitto mediorientale in un pantano, ma perché conducevano gli stessi Stati Uniti in un vicolo cieco.

Quanto alle decisioni assunte nell’intera vicenda dal nostro Paese vi è poco da discutere. Sebbene non bisogna dimenticare che il principale interesse di Craxi fu quello di salvare i passeggeri dell’Achille Lauro ed evitare una strage, ricordo che far rispettare la sovranità italiana fu un atto tanto coraggioso quanto dovuto.

Consegnare i terroristi agli americani significava violare le norme del diritto internazionale e perdere qualsiasi credibilità ed autorevolezza nello scacchiere internazionale e nella intricata partita mediorientale, poiché avrebbe sancito l’inaffidabilità dell’interlocutore-Italia a tener fede agli impegni assunti – nella fattispecie con Arafat e Mubarak – con ripercussioni sul processo di pace.

I dirottatori dell’Achille Lauro, a smentita delle fantasiose teorie golpiste, furono poi tutti processati e condannati al massimo della pena dalla magistratura italiana, la stessa che, relativamente ad Abu Abbas, non individuò nessun elemento a carico del mediatore inviato da Arafat tale da giustificarne il fermo.

Detto ciò, bisogna anche ricordare, a riprova della bontà delle scelte, che non è certamente un caso se l’anno successivo alla crisi di Sigonella iniziarono per la prima volta i colloqui per i negoziati di pace in Medioriente.

Dov’è quindi l’infamia di cui ci siamo macchiati? Semmai, bisognerebbe riflettere sui nostri giorni dove una politica, questa si infame, ci condanna all’irrilevanza ed alla subalternità sul piano internazionale. Nulla da dire?

 

 

 



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