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Per una lettura realistica di Ventotene (e non solo)

A leggere i commenti, il vertice europeo di Ventotene è stato un trionfo oppure un flop. Difficile scindere le valutazioni politiche interne dal merito dell’incontro di Renzi con Merkel e Hollande. Comprensibilissimo, tanto più in un Paese, il nostro, immerso in una campagna elettorale permanente. Il fatto che non solo i politici ma anche i media si schierino non deve sorprendere. Giusto però chiedere una analisi che provi a sottrarsi dal referendum Renzi sì o no, Europa sì o no.

Negli ultimi anni, dopo l’esperienza non proprio entusiasmante del governo Monti, abbiamo immaginato che la crisi fosse sostanzialmente superata e che il peggio fosse alle nostre spalle. Come sempre accade, i nodi non sciolti finiscono per venire al pettine. Scopriamo così che non solo l’Italia ma tutto il vecchio continente è dentro una complessità tutt’altro che imprevedibile. Brexit ha interrotto l’illusione che tutto andasse bene. La crisi è economica e politica, attiene il cuore stesso della democrazia occidentale. Rispetto a questioni come quella dei flussi migratori e della difesa, potrebbe essere un incontro a tre a risolverle? Ovvio che no.

Ventotene non sarebbe potuto essere la risposta. E’ stata però una occasione. Quanto sarà messa a frutto e quanto sarà capace di mostrare effetti concreti, lo vedremo e lo giudicheremo ovviamente. La mossa c’è stata. Il presidente del consiglio italiano ha assunto iniziativa che ha visto l’Italia protagonista. Poco? Non so. Di certo è superiore al nulla.

Da noi, si dedicano le prime pagine al premio Nobel Stiglitz quando mette in discussione l’euro ma – dopo soli due giorni – lo si ricopre di apprezzamenti assai meno gentili se lo stesso economista mette in guardia dai rischi (globali) se il referendum italiano fosse un doppione di quello inglese. La faziosità del nostro dibattito nazionale potrà favorire questa parte politica o l’altra ma certamente non fa fare un passo in avanti al Paese. Non è il tempo della irresponsabilità. Non va ridotta la democrazia e non compressi tutti gli spazi del dissenso ma proprio per questo non si può piegare la democrazia alle peggiori e più sterili pulsioni populiste.

Quello che più preoccupa non sono i movimenti antagonisti in sé ma quella vasta schiera di professori ed opinionisti che nel dare libero sfogo alle proprie pulsioni (spesso non proprio disinteressate) esaltano tutte le difficoltà, anche quelle che non ci sono. Le reazioni e i commenti a Ventotene ne sono un triste esempio, e non l’unico purtroppo. Nei giorni scorsi, il ministro dello sviluppo economico, Carlo Calenda, ha fatto una intervista a Repubblica molto seria nella quale ha esposto una visione chiara e decisa di quella che ritiene possa essere la migliore ricetta per la crescita in Italia. Vogliamo discutere di questo? Bene. Facciamolo nel merito. Sin qui ha risposto solo la retroguardia della sinistra contrapponendo argomenti degni dei migliori anni ’70. C’è chi crede ancora nella contrapposizione fra impresa e lavoratori. Almeno però ci credono. Gli altri? Il cosiddetto centrodestra? I grillini? I dotti economisti che ogni volta ci spiegano perché non ci sia nulla di buono che meriti di essere preso in considerazione (oltre le proprie idee, of course)?

La politica è un esercizio faticoso che deve poggiare sul rispetto dei cittadini. Il vertice di Ventotene è stato un passaggio positivo, per quanto non risolutivo (mai sarebbe potuto esserlo). Possiamo meritarci una lettura realista dei fatti? Secondo me, sì.

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