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Perché Donald Trump evoca Reagan nel programma economico

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Il candidato repubblicano Donald Trump “ha cercato di ritrovare slancio per la sua campagna verso Casa Bianca” lunedì, presentando la sua piattaforma economica: proposte su sgravi fiscali, tagli ai regolamenti federali e il rilancio del progetto dell’oleodotto Keystone XL, in fase di stallo (dovrebbe collegare l’olio degli shale canadesi al Golfo del Messico). Il virgolettato della riga precedente è del pezzo di cronaca scritto dagli inviati della Reuters, che titola “Trump cerca un reset alla campagna con il discorso economico a Detroit”.

RESET

E il senso è tutto nel “reset“: dopo la peggiore settimana della storia di un candidato presidenziale (nemmeno troppo un’iperbole per definire le scivolate del magnate americano nei giorni appena trascorsi). Ultimo inghippo in ordine cronologico, il generale Michael Flynn, ex direttore della Defense Intelligence Agency e uno dei consiglieri top di Trump fotografato a una cena di Russia Today, media del Cremlino, durante la quale ha tenuto un intervento spesato dal governo di Mosca (un pezzo in più del puzzle per chi considera Trump filorusso e Mosca interessate a influenzare le elezioni americane: insieme a loro c’era anche Jill Stein, candidata dei Verdi per la presidenza). Trump lunedì ha spostato l’asse verso il partito e ha fatto un passo indietro anche per necessità, dunque. C’è da capire se l’atteggiamento porterà frutti (l’ultimo sondaggio Washington Post/ABC News lo dà indietro di 8 punti percentuali), visto che la sua forza elettorale è essere anti-establishment, un candidato completamente di rottura, compreso con il suo stesso partito. Il repubblicano, dagli ultimi dati, mantiene un vantaggio sul tema economico, mentre resta dietro su tutti gli argomenti.

LE DEFEZIONI NEL GOP E LA NECESSITA’ POLITICA

Il rischio era che gli appoggi interni al Gop, il Grand Old Party conservatore, continuassero a sgretolarsi. Ultima defezione, la senatrice Susan Collins dal Maine, che ha scelto un op-ed sul WaPo, il giornale di cui Trump non accredita i giornalisti ai comizi, per annunciare che non voterà per il candidato Rep alle elezioni di novembre. Poche ore prima il New York Times aveva pubblicato la notizia di una lettera, firmata da 50 dei più alti funzionari del Gop, in cui era scritto che Trump manca “del carattere, dei valori e dell’esperienza” per essere presidente e “metterebbe a rischio la sicurezza nazionale e il benessere del nostro paese”. Tra i nomi importanti: Michael Hayden, ex direttore sia della CIA e che della National Security Agency; John Negroponte, che ha servito come il primo direttore della National Intelligence e poi da vice-segretario di Stato; Robert Zoellick, un altro ex vice segretario di Stato, United States trade representive e, fino al 2012, presidente della Banca Mondiale; due ex segretari per la Sicurezza Nazionale, come Tom Ridge e Michael Chertoff.

IL DISCORSO DI TRUMP: CONTENUTI E FORMA

All’Economic Forum di Detroit, da dove giovedì anche Hillary Clinton esporrà le sue visioni in ambito economico-finanziario, Trump ha promesso la “più grande rivoluzione fiscale” negli Usa “dai tempi di Ronald Reagan (che fu presidente dal 1981 all’89). Prima del contenuto, la confezione, che a volte dà ancora più senso: ha parlato leggendo un discorso preparato, mentre di solito lo fa più o meno a braccio, ha evitato pantomime istintive, ha evitato espressioni forti, non ha cacciato contestatori (che si erano riuniti per polemizzare su una delle  tante uscite infelici dell’ultima settimana, a proposito delle violenze sessuali sul posto di lavoro: se mia figlia Ivanka fosse vittima di molestie “farebbe bene a cambiare lavoro”, aveva detto). Insomma, più di tutto il programma, conta che per la prima volta Trump è sembrato essere un candidato  quasi normale. Gran parte del discorso è stato il riflesso dei punti di discussione repubblicani, e nonostante i critici abbiano detto che le sue proposte mancavano di dettaglio, gli elogi, anche interni al partito, ci sono stati, soprattutto per aver spostato l’attenzione sulla policy. Un esempio è stato l’abbandono dell’idea iniziale del suo programma fiscale composto da quattro aliquote, 0%, 10, 20, 25, adottando quello del partito: 12%, 25, 33. Nessun accenno ai temi populisti di rottura col Gop di cui aveva parlato in precedenza per piacere di più al suo elettorato: i ricchi americani pagano troppe poche tasse, la necessità di alzare il salario minimo, stimoli statali per le infrastrutture, le promesse di difendere Medicare (il programma nazionale di assicurazioni sociali) dai tagli futuri. Qualche linea populista su un’improbabile sgravio fiscale per i figli a carico, su cui i fact cheking hanno alzato la paletta rossa (non solo su quello, in realtà), perché ritengono che alla proposta le famiglie più bisognose non potrebbero accedervi.

I DUBBI SUL COMMERCIO GLOBALE

Trump ha ripercorso il pensiero tradizionale repubblicano, secondo cui abbassando le tasse e tagliando la regolamentazione si genera la crescita economica e l’occupazione: su questo le critiche di Hillary, che considera le proposte dei repubblicani sgravi verso le grandi aziende e i ricchi e deregolamentazioni per Wall Street, senza aiuti reali all’economica. Molti repubblicani però non sono ancora soddisfatti dalla visione dei rapporti commerciali proposta dal loro candidato, che si è detto già contrario a tutti gli accordi internazionali (come il Ttip, per esempio). “La mia reazione è buono, cattivo e brutto”, ha detto all Reuters Lanhee Chen, che è stato policy director per la campagna presidenziale del 2012 del repubblicano Mitt Romney. “Penso che la posizione commerciale resti abbastanza brutta. Ma capisco perché l’hanno fatto. Penso che ci sia uno sforzo forte, almeno, a fondere gli elementi della politica economica conservatrice con il pensiero più populista di Trump”.



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