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Perché il gas naturale Usa può sperare nella ripresa dei prezzi

Mentre i prezzi del petrolio continuano a soffrire, quelli del gas naturale sembrano avviati a una ripresa, almeno negli Stati Uniti dove, per la prima volta da anni, la produzione è in flessione mentre le centrali elettriche bruciano gas senza sosta. E ora le aziende dell’oil&gas ci sperano: quest’inverno i prezzi potrebbero finalmente salire.

CENTRALI A RITMI RECORD

E’ l’Eia (l’Energy Information Administration degli Stati Uniti) a riportare che nelle ultime settimane i produttori americani di energia elettrica hanno bruciato gas naturale a pieno ritmo: il consumo di gas per la generazione energia elettrica si è mantenuto alto per tutto il 2016 ma ha raggiunto livelli record il 21 luglio (40,9 miliardi di piedi cubi al giorno o Bcf/d). La soglia dei 40 Bcf/d è stata superata per tre giorni il mese scorso: l’estate molto calda ha portato ad accendere i condizionatori ovunque per molte ore.

I 4.950 gigawatt-ore generati dalle centrali a gas a luglio negli Stati Uniti rappresentano un incremento del 9% rispetto a luglio 2015. Le centrali elettriche hanno bruciato in media  36,8 miliardi di piedi cubi di gas al giorno a luglio, l’8% in più che a luglio 2015.

SCORTE RECORD. MA SI ASSOTTIGLIANO 

Questo ha aiutato a ridurre le scorte di gas a una velocità maggiore del previsto: l’Eia parla di una calo netto di 6 miliardi di piedi cubi tra fine luglio e inizio agosto. Lo stock da smaltire resta altissimo: 3.288 Bcf, il 13% in più rispetto a un anno fa e oltre il 16% in più della media degli ultimi cinque anni. Ma il dato sul ritiro netto di scorte dal magazzino a fine luglio spicca perché è la prima volta che accade in estate dal 2006; gli analisti avevano previsto un aumento di 3 Bcf.

I livelli di consumo raggiunti nella settimana terminata il 3 agosto non si sono mantenuti nei giorni successivi, ma il mercato del gas naturale è abituato a grandi fluttuazioni. La domanda tende a impennarsi in inverno, quando si accendono i riscaldamenti, e in estate, con i condizionatori al massimo, mentre si contrae nettamente in autunno e primavera. Fra marzo-aprile e ottobre-novembre, in particolare, le scorte di gas si accumulano – e vengono poi smaltite durante l’inverno. Lo scorso inverno i magazzini americani si sono inaspettatamente riempiti anziché snellirsi; quest’estate però si sono assottigliati più del previsto.

EFFETTI DELLA POLITICA DI OBAMA

Anche il fatto che il gas costa poco spinge le centrali a un maggiore uso. Ma ancor di più pesa il Clean Energy Act varato l’anno scorso dal presidente americano Barack Obama per mandare in pensione le inquinanti centrali a carbone con una graduale riconversione verso il gas o le fonti rinnovabili. Si tratta di una transizione che richiederà anni ma sta già dando i suoi frutti perché le aziende che generano elettricità hanno modificato il loro mix di fonti e costruito più impianti che usano il gas: nel 2015 sono il 33% del totale contro il 28% del 2014 e il 20% del 2006. Gli effetti del cambiamento si sono riverberati sulla domanda e ora la speranza dei produttori di gas è che si riflettano sul prezzo.

I PREZZI SALIRANNO

La Banca Mondiale conforta queste speranze: la previsione contenuta nel report di luglio parla di un prezzo medio di 2,30 dollari per milione di Btu (British thermal units) nel 2016, di 3 dollari per milione di Btu nel 2017, e di 3,50 dollari per milione di Btu nel 2018.

Gli analisti di JJ Woods Associates pensano che il gas naturale americano possa andare oltre i 3 dollari per milione di Btu già a fine estate 2016, per il Price Futures Group 3 dollari per milione di Btu è il massimo cui aspirare quest’anno.

INCOGNITA OUTPUT

Nell’attesa, i produttori di gas hanno cominciato a mettere un freno all’output: nell’ultima settimana di luglio, ha riportato l’Eia, ci sono due giacimenti attivi in meno (86 anziché 88). Finora non era andata così: quest’inverno, nonostante lo stock si ingrandisse, la produzione non si era fermata e i prezzi sono scesi sotto i 3 dollari per milione di Btu. Ora estrarre è diventato un business a perdere in tante aree; in più, siccome i prezzi del petrolio sono depressi e diversi pozzi sono stati messi in stand-by, è diminuito anche il gas naturale prodotto in associazione al petrolio.

Il Marcellus Shale, il bacino più prolifico di shale gas negli Usa, ha visto la sua produzione impennarsi a febbraio a 18,5 Bcf/d per poi scendere del 3% (l’Eia si aspetta un ulteriore calo nei prossimi mesi). Resta da vedere se i tagli alla produzione e l’aumento invernale della domanda non spingeranno di nuovo a un aumento dell’output, impedendo la sperata ripresa dei prezzi, o se i produttori di gas aspetteranno a rimettere in moto le trivelle.



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