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Perché l’Italia non può non appoggiare gli Usa in Libia

Senza stabilità della Libia, l’Italia non potrà raggiungere gli obiettivi per essa più importanti: la lotta agli scafisti e la limitazione degli sbarchi d’immigrati sulle nostre coste.

L’operazione navale europea Sophia non è in grado di conseguirli. Coloro che in Italia si oppongono al sostegno all’azione USA, anche con la concessione di basi aeree, non considerano che l’interesse italiano richiede, non solo né tanto la distruzione dell’ISIS a Sirte, ma il rafforzamento di Serraj.

Dopo le difficoltà che conosciamo con l’Egitto, a cui si sono aggiunte quelle con la Turchia, non possiamo bisticciare anche con il governo libico, magari con la ridicola scusa che un nostro impegno accrescerebbe il rischio terrorismo sul nostro territorio. Non possiamo rifugiarci nella fantasia di soluzioni impraticabili.

Gli accordi di Skirat non possono essere rinegoziati. Le speranze che Tobruk riconosca il GNA sono illusorie. Quelle che la situazione possa essere sbloccata dalla Russia e Mosca attui la promessa fatta nel dicembre 2015 dal ministro degli esteri russo, Lavrov, che “Mosca aiuterà l’Italia in Libia”, sono del tutto irrealistiche.

La sicurezza e anche l’influenza italiana in Mediterraneo dipendono dai nostri legami con gli USA. I nostri interessi in Libia sono convergenti con quelli americani. Gli USA ci tolgono una patata bollente dal fuoco. Non importa se Obama ha forse deciso i bombardamento di Sirte, non per la stabilità del Maghreb o per il rafforzamento del GNA, ma per dare una mano a Hillary Clinton o per segnalare a Mosca che gli USA rimangono una potenza mediterranea.

L’anti-americanismo “mussoliniano” di vari politici ed esperti nostrani italiani mi sembra irrealistico. Fanciullesche sono ormai poi le ripetute richieste di giocare un ruolo chiave nella soluzione della crisi libica.

L’unica cosa concreta che possiamo fare, a parte la concessione delle basi qualora ci fossero richieste, è abbandonare la retorica dei voli pindarici e aiutare l’ENI ad aumentare le sue potenzialità d’estrazione di petrolio in Libia, per accelerare la stabilizzazione del paese.

Per essere cinici, c’è da dire che sarebbe una misura utile qualora l’improbabile flop da parte di Serraj e degli USA ci consigliasse in futuro di cambiare di campo e di sostenere la soluzione federalista, suggerita da uno dei migliori conoscitori della Libia: l’ex-AD dell’ENI, Paolo Scaroni.

(Terza e ultima parte dell’analisi di Carlo Jean; la prima e la seconda parte si possono leggere qui e qui)


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