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Ecco come misuriamo (bene) Pil e produzione industriale. Parola dell’Istat

nascite, Giorgio Alleva

Gentile Direttore,

alla domanda del professore Federico Pirro “Produzione industriale, è realistico il campione Istat di aziende?”, che titola un suo contributo pubblicato il 16 agosto, rispondiamo volentieri puntando l’attenzione su tre specifiche questioni:

a) Nel campo delle indagini relative al settore industriale occorre distinguere tra diverse rilevazioni che nell’articolo sono, invece, confuse in maniera tale da precludere la comprensione del lettore. L’indagine sul clima di fiducia delle imprese, rivolta a un campione di circa 4000 unità, è utilizzata esclusivamente per cogliere indicazioni qualitative sulle tendenze di brevissimo termine del settore. Essa è presa in considerazione dagli analisti per avere segnali sugli andamenti dei mesi più recenti (quelli tipicamente non ancora coperti da indagini quantitative) e di quelli immediatamente successivi. Le risposte delle imprese a tale indagine non sono in alcun modo utilizzate nella misura della dinamica della produzione industriale. Questa è quantificata sulla base di un’altra rilevazione mensile, rivolta a un campione di circa 4.100 imprese, che forniscono informazioni quantitative molto puntuali sulla propria produzione, sulla base di un campione di circa 1000 prodotti, la cui produzione viene misurata in termini fisici o attraverso adeguate proxy (quale il numero di ore effettivamente lavorate oppure il valore della produzione deflazionato). È da segnalare che esiste anche una terza indagine rivolta al settore industriale che ne misura il valore del fatturato, realizzato sul mercato nazionale e su quello estero.

b) Le informazioni congiunturali relative alla produzione dell’industria hanno un importante, ma certamente non esclusivo, ruolo nella misura dell’andamento infrannuale del valore aggiunto del settore, che contribuisce a sua volta alla quantificazione del Pil. Questo tiene in conto gli indicatori riguardanti altri settori e in primo luogo quelli relativi alle costruzioni e ai comparti dei servizi (di cui viene misurato trimestralmente il fatturato). La stima trimestrale del Pil è, inoltre, resa robusta tramite l’utilizzo di un quadro di coerenze che confronta dati e indicazioni relativi alla domanda e all’offerta. Resta il fatto che la stima preliminare, pubblicata a poco più di 40 giorni dalla fine del trimestre di riferimento, è basata per definizione su informazioni incomplete che verranno gradualmente incorporate nelle stime successive, con possibili revisioni (normalmente molto contenute) al rialzo o al ribasso.

c) I problemi posti dall’articolo, riguardanti l’adeguatezza delle indagini Istat a cogliere l’articolazione del sistema delle imprese, caratterizzato nel nostro Paese da una rilevante frammentazione e dalla presenza di numerose “nicchie” produttive importanti, sono rilevanti, ma devono essere considerati più in una prospettiva strutturale e di medio termine che in quella di brevissimo periodo. L’emergere di nuovi prodotti, l’utilizzo di servizi di lavorazione all’estero (da parte di imprese straniere in Italia o viceversa) o la misurazione di specifici aspetti del sommerso, sono problemi che l’Istat affronta con grande attenzione e dispiegamento di metodologie innovative, ma che hanno poco a che fare con l’evoluzione del Pil o del valore aggiunto dell’industria nell’ultimo trimestre. In particolare, i nuovi sistemi informativi realizzati dall’Istat consentono di monitorare annualmente i risultati economici di tutte le imprese attive in Italia, fornendo alle rilevazioni congiunturali importanti elementi per la revisione e l’aggiornamento dei campioni, la cui rappresentatività viene in tal modo mantenuta elevata.

Questo complesso apparato di misurazione statistica appare adeguato ad affrontare le sfide poste dalla crescente complessità delle relazioni economiche sia per le misurazioni di carattere strutturale sia per quelle congiunturali. Tornando all’accuratezza della stima congiunturale del Pil, sulla base delle regolarità empiriche che vengono costantemente studiate e testate, non vi è nessuna ragione per ipotizzare che una stima di variazione nulla del Pil, piuttosto che una di significativo incremento, sia improvvisamente e repentinamente inficiata da mutamenti strutturali, ad esempio nel grado di delocalizzazione delle lavorazioni industriali.

Roberto Monducci è Direttore del Dipartimento per la produzione statistica dell’Istat

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